sabato 13 dicembre 2008

- prefazione - dedica

PREFAZIONE
Fromricto,
è una testimonianza di “un uomo senza qualità” nella società delle decisioni.

Fromricto,
è anche una testimonianza di voglia di vivere. Di un vivere in rapporto alle forme della materia che ci costituisce, di un vivere nella socialità dei tempi dati.
Un pensiero e un abbraccio va a tutti i lettori e ai miei due più vicini compagni di vita in particolare.

Fromricto
è testimonianza e stimolo di …..

- una soggettività vissuta dentro alle scienze anche se in modo “periferico” in termini di operatività come accade ai più
- un sociale in accelerata trasformazione che va intercettato e potenziato
- una quotidianità che incontra,inceppa e vive delle mille preferenze concettuali e pratiche che producono “gioie e dolori”
- una frequentazione “matura” dei piccoli gruppi
- una partecipazione attiva e consapevole alla ricerca di dilatare le forme del soggetto nelle sue componenti materiali, decisionali e relazionali

(buona avventura)

mercoledì 10 dicembre 2008

- Speranze (.. nei tempi diversi.. )

La nascita del concetto di “speranza”
si perde nella memoria
dei tempi andati

Le “speranze” (forse)
emersero sulla spinta
della proiezione dei ricordi (imbelliti..):
- del tragitto smarrito
- del piacere dell’incontro
- della costruzione dell’idea e della decisione


Le “speranze” (forse)
si svilupparono con lo sviluppo
delle fantasie come :
- distorsioni capaci di raddrizzare le cattive sorti
- distorsioni delle forme per piegarle alle armonie cangianti
- distorsioni dell’impossibile piegato al buon fine pratico

Le speranze oggi sono
proiezioni intellettuali dei saperi.
Le speranze oggi sono :
- piani di dilatazione della frequentazione della materia
- piani di interazioni impreziosite dalla consapevolezza dell’unicità e differenza
- piani di navigazione degli universi


Poi, ci sono le speranze individuali.

Le mie speranze di questi tempi :
- pianificare un reicontro gioioso con il mio ragazzo
- vivere il “ruvido” ed eccitante confronto quotidiano con la mia “amata preferita”
- l’interazione pacata con il “quotidiano” universale
- la ricerca della dilatazione possibile della mia “materia costitutiva”
- l’uso “intelligenze” delle opzioni di decisioni e le partecipazioni ai processi decisionali

domenica 30 novembre 2008

- la voglia di "tutto" (impossibile)

perché no?
La costruzione del tutto
è anche fuori da noi
Ma io voglio fare di tutto:
ma quanto voglio essere “invadente” ?

perché no?
La fruizione del tutto
implica azioni fuori di noi
Ma io vorrei fruire di tutto :
ma come è possibile ad una parte essere “fruitore totale” ?

perché no?
L’immaginazione del tutto
implica una visione globale “inclusiva”
Ma come potrebbe essere fattibile :
io guardo da un (solo .. anche se variabile.. e diverso) “punto di vista” !

perché no?
La voglia di tutto
è incommensurabile
Voglia di tutto :
spinge la curiosità al bordo
ma rischia di soffocare la nostra specificità,
la nostra definita forma di esistenza !

Perché no?
Rappacificarci con l’essere “parte” ?
Ma questo mi fa soffrire :
soffro di claustrofobia !

- esempio (tra i tanti) del pluralismo del soggetto ...


sabato 29 novembre 2008

- la necessità di entrare in partita

Premessa : fare entrare in partita tutte le differenze

La crisi è ciclica nel mondo capitalistico : c’è chi se la ride e sdrammatizza e c’è chi la mette giù dura in vario modo. Qui vorrei fare un discorso-proposta di percorso sintetico e un po per “tutti gli interessati”. La tesi di fondo è che l’esistenza di una crisi, probabilmente molto profonda, richiede delle iniziative molto profonde. Queste iniziative oggi sono assunte e governate principalmente da personaggi “interni” al problema. E’ necessario, a mio avviso, promuovere una generale “entrata in partita” di tutti. In particolare mi auspico che entrino in partita quelli che oggi non hanno voce adeguata, che hanno opinioni diverse dal “gruppo in fuga” che ci guida ufficialmente. Ovvero, mi auguro che entrino in partita tutte le diversità.


La crisi e le opportunità odierne

La “crisi” che stiamo attraversando è specifica e non può essere assimilata ad altre crisi. Non possiamo pensare che sia assimilabile alle crisi del primo novecento a cui si è risposto con insurrezioni e “rivoluzioni”, cooperazione per mangiare e sindacati che si batterono per i diritti base. Non possiamo pensare che questa crisi sia simile a quella del 29 che si dice fu risolta dal Keynesismo anche se poi si fatica a capire se il keynesismo si debba fermare al new deal o alla seconda guerra mondiale. Non possiamo neppure assimilare questa crisi alle tante crisi sociali e economiche più o meno profonde che si svilupparono negli anni sessanta e settanta dello scorso secolo nel mondo occidentale. Le caratteristiche di questa crisi mi sembrano principalmente queste : - dimensione internazionale con focalizzazioni multipolari – crisi economica differenziata (sviluppo in alcune zone, depressione in altre ,riposizionamento in altre..) – ma la crisi più profonda è quella relativa alle decisioni strategiche di futuro. Qui ci metto dalle culture agli interessi , dalla scienza alle ideologie. Ecco il mondo che è in crisi si presenta come un mondo che necessità di un riposizionamento “delle differenze e delle preferenze” tenendo conto del contesto fisico oggi praticabile (in particolare dagli esseri / soggetti umani).

Preferenze e proposte : strategia

- evitare l’esplosione di conflitti armati diffusi e socializzare la pratica di prese di posizioni limitate e controllabili riassumibili nella metodologia della presa di decisione attraverso una “valutazione di impatto decisionale controllabile dai decisori”
- promuovere la generalizzazione del concetto di “universalità delle differenze” come principio guida. Principio che riconosce le diverse preferenze nel mentre garantisce che le scelte dei singoli e dei gruppi abbiano espressioni libere (con conseguenti premi e punizioni nel loro “territorio espressivo”) e possibilità di attraversamento (possibilità da parte di un singolo soggetto di aderire anche a più gruppi di preferenze anche non coerenti tra loro)
- ricerca scientifica e sviluppo dell’informazione diffusa al centro della valutazione di impatto decisionale collettivo (per garantire sulle potenzialità e i limiti delle opzioni dentro alla pratica della valutazione di impatto decisionale controllato) , della discussione plurale per la costruzione del futuro e per supportare i nuovi piani di attività lavorativa


Preferenze e proposte : il singolo soggetto

- partire dal costruire autostima e autocritica da una riflessione pratica direttamente sviluppata sul contributo esistenziale dato (nel contesto reale) e gestire il tutto partendo dal piccolo gruppo
- puntare sull’apprendimento minimo di più modelli di decisione per arricchire la propria opzione di vita
- valutare i fenomeni sulla base dei riscontri che scaturiscono da conoscenze “reiterabili” piuttosto che da ideologie anche amabilmente “visionarie”
- garantirsi una capacità di equilibrio di valutazione tra l’efficacia dei contributi realmente socializzati e i ritorni avuti / desiderabili

Preferenze e proposte : sociale

- servono subito delle nuove “sedi di aggregazioni” In passato ci furono i moti insurrezionali, le cooperative di solidarietà, le organizzazioni sindacali… poi i bar, le discoteche, le scuole etc. Oggi servono forme aggregative aggiuntive capaci di facilitare le relazioni “nel mondo delle decisioni” plurali
- servono nuovi contenuti e nuove forme di intrattenimento
- servono nuovi contenuti e nuovi canali di comunicazione (anche per fruizione passiva)

Preferenze e proposte : politica


- affermare e gestire il principio dell’universalità delle differenze ridefinendo gli spazi dell’azione politica e istituzionale su più livelli di aggregazione di pubblico e privato
- ricondurre lo spazio pubblico generale alle basi : sopravvivenza, cultura e salute
- integrare lo spazio pubblico generale in altri spazi pubblici “differenti e differenziati” per preferenze e non (solo) per localizzazioni
- scegliere – attraverso processi decisionali – meno squilibrati i delegati e creare sempre delle motivazioni altrettanto strutturate al controllo e al cambiamento
- regolare la gestione dei cicli informativi in funzione dell’equilibrio dei processi decisionali in cui posizionare singoli soggetti o soggetti di gruppo
- ridurre l’uso dell’occupazione informativa pubblica da parte di piccoli gruppi o anche da maggioranze e minoranze democratiche e politiche restituendo il processo di informazione agli aggregati sociali e politici differenti e diffusi

Preferenze e proposte : economia

- organizzare la produzione sul principio della salvaguardia ambientale minima garantita OVUNQUE
- garantire il principio di impatto sostenibile
- organizzare le competenze per i nuovi lavori del futuro : longevità, esplorazione universale, conoscenze e intrattenimento di qualità (seppur diversificato)
- riorganizzare l’organizzazione del sapere a partire dal contributo / merito e dalle preferenze strategiche
- garantire livelli di impiego e remunerazione di massa a cui tutti “possano – debbano” accedere

Preferenze e proposte : ciclo decisionale

- il focus attorno a cui lavorare per garantirsi un riscontro delle proprie preferenze nel futuro è quello di lavorare e partecipare al ciclo decisionale
- oggi il ciclo decisionale è organizzato e fortemente influenzato da lobbies di diverso tipo. Non tutte queste lobbies sono “sane” ma neppure tutte sono ributtevoli o inaccettabili. Di fatto la situazione è variegata e difficilmente adeguata per gestire la liberazione dei soggetti e delle potenze dei modelli decisionali plurali che l’umanità ha a disposizione senza un grande sforzo di riposizionamento dei cicli decisionali. A chi non basta il compito di lavorare su elaborazione comunicazione e socializzazione in questa società delle decisioni.


L’urgenza dei tempi suggerisce un grande lavoro culturale, organizzativo e politico per promuovere il futuro. Il futuro avrà comunque l’immagine di chi avrà saputo portare nei cicli decisionali la propria voce. Quanto piacevole, plurale e vicina alle preferenze di ognuno dipenderà sia dal modello “culturale” che prevarrà che dal contributo che ognuno avrà dato in funzione delle sue aspettative e capacità nel processo decisionale. Non si può pensare di avere di più di quanto si sia in grado di contribuire a “produrre”. Il tutto è comunque sempre un lavoro sia individuale che di gruppo e di grandi raggruppamenti umani.

sabato 15 novembre 2008

lunedì 10 novembre 2008

- piccole annotazioni sul post-human

- piccole annotazioni su “propulsioni e vincoli strategici ” su un tema enorme : noi un domani vicino, ovvero il Post-human

(… necessità di una boccata d’ossigeno..)

Il discorso sul soggetto umano nel futuro è spesso ri-compreso in un discorso che si “definisce e ricerca” il post-human. E’ un discorso molto impegnativo ma anche assolutamente non più rimandabile. Qui sotto qualche link per chi vuole fare un giro informativo sul tema e una frecciata di idee strategiche su elementi “propulsivi e vincoli” che il percorso presenta.
Nota : E’ solo un piccolo schizzo di un tema enorme ma ne ho bisogno di questi tempi, abitando in Italia.

- Links

http://posthuman.com/
http://www.jetpress.org/
http://www.fhi.ox.ac.uk/
http://www.nickbostrom.com/
http://www.kurzweilai.net/index.html?flash=1
http://www8.nationalacademies.org/onpinews/newsitem.aspx?RecordID=02152008
http://www.engineeringchallenges.org/

- Un rimando (sintetico)

The following compares the 20th Century Human Body with the 21st Century future physique of our conceptualized body design Primo 3M+.
20th Century -- Body
a- Limited life span
b- Legacy genes
c- Wears out
d- Random mistakes
e- Sense of humanity
f- Intelligence capacity: 100 trillion synapses
g- Single track awareness
h- Gender-restricted
i- Prone to environmental damage
j- Corrosion by irritability, envy, depression
k- Elimination messy and gaseous waste

21st Century -- Primo 3M+
a- Ageless
b- Replaceable genes
c- Upgrades
d- Error-correction device
e- Enlightened transhumanity
f- Intelligence capacity: 100 quadrillion synapses
g- Multiple viewpoints running in parallel
h- Gender changeability
i- Impervious to environmental damage
j- Turbocharged optimism
k- Recycles and purifies waste

- due note

Le propulsioni principali al “posthuman” :

w- la capacità di “riparare singole celle”
x- la capacità di sviluppare e rigenerare “tessuti umani” via staminali
y- la possibilità di “integrare” le componenti umane storico-tradizionali con componenti nuove biologiche e non

I vincoli allo sviluppo del “posthuman” :

a- esaurimento/trasformazione strategica della materia (.. in tempi non facilmente dimensionabili..)
b- disintegrazione (irrecuperabile..) dei componenti costituenti del soggetto umano
c- le difficoltà prevedibili nella costruzione delle adeguate competenze funzionali per sviluppare e manutenere
Nota – Uno tra i tanti rimandi di interesse

- Bootstrapping our way to an ageless future By Aubrey de GreyBiomedical gerontologist Aubrey de Grey expects many people alive today to live to 1000 years of age and to avoid age-related health problems even at that age. In this excerpt from his just-published, much-awaited book, Ending Aging, he explains how. (Added September 19th 2007)

http://www.kurzweilai.net/meme/frame.html?main=memelist.html?m=5%23709

giovedì 6 novembre 2008

- l'insufficenza di fondo dello storico esito dell'elezione di Obama

Oggi è diffusa una grande gioia per la vittoria di Obama :

(… forse)
- finisce l’epoca della preferenza della violenza
come metodo di risoluzione delle divergenze relazionali
- finisce l’era della manipolazione di massa con lo
spauracchio e l’agitazione delle paure
- finisce l’era delle minoranze emarginate e punto
- potrebbe finire la regolazione degli affari e degli interessi dei più “scorretti” a scapito dei più ingenui e impotenti

Grande gioia per le diverse umanità emerse in questo confronto democratico :
(evidenziando)
- la capacità di riscattarsi da opzioni “negative”
- la volontà di proiettarsi diversamente verso il futuro
- l’istituzionalizzazione della “tolleranza” verso il diverso

Oggi c’è grande gioia nell’aria :
negli States
nel mondo
e anche in me

Oggi c’è però anche una tristezza di fondo
(cultuale ma anche esistenziale ...)
che non mi abbandona :

- nel giorno che istituzionalizza il miglior potenziale risultato del “melting pot” sociale e politico si evidenziano anche le sue debolezze
- oggi non si tratta di ribadire una “generale dichiarazione di uguaglianza (risultato della fusione, risultato di un qualche “melting pot tra soggetti”, insomma di una dichiarazione generale dei diritti degli uomini…) ma piuttosto è necessario e utile passare a costruire una “strutturazione dell’universale delle differenze” (ovvero si tratta di istituzionalizzare la fine del discorso dell’identità del soggetto e dei soggetti e aprire un discorso capace di governare in modo “generale /universale” le differenze esistenti ed espresse dentro al soggetto e tra soggetti…”)

- nel giorno in cui la democrazia formale si afferma nel modo più convincente (almeno in una comunità allargata come gli States ...) si evidenziano anche i suoi limiti

- questa democrazia formale non è in grado di affrontare adeguatamente le differenze strutturali e preferenziali nel loro costruirsi e nel loro divenire (qual è il parametro con cui si misurano i contributi e le remunerazioni per le diverse tipologie di comportamento , per le diverse condizioni di partenza, per le diverse scelte e le loro conseguenze .... ?) . La democrazia formale , forse, è “il metodo migliore conosciuto finora di gestire una comunità” ma è oggettivamente incapace di far fronte al vincolo odierno del pluralismo. Ed in particolare oggi la democrazia formale non è in grado di affrontare la realtà del “pluralismo delle differenze” e le conseguenze che questo porta con se. Ovvero : le diverse comunità tematiche (che in america ormai raccolgono almeno 40 milioni di persone) come si governano? E come si relazionano nella comunità globale? Si possono per caso governare con una “gestione/legislazione generale eguale per tutti” (con un “universale dell’eguaglianza”…) ? C'è qualc'uno che pensa che a partire "dalla rivendicazione di diverse identità" si possa vivere il prossimo futuro (magari... senza conflitti) ? E come opererebbe una "eguaglianza" senza parametri di giudizio (.. se non "morali") per gestire le relazioni tra "identità" diverse ? Oppure, le differenze di preferenze e di contribuzioni dei singoli si devono affrontare su due fronti : su un piano si tratta di lavorare alla istituzionalizzazione di un diritto che stabilisca l’”universale delle differenze” e successivamente si tratta di gestire – in modo differenziato- il modo di vivere specifico di queste comunità (..di queste preferenze..) nelle loro dinamiche compresa la gestione di contributi e remunerazioni specifici che le singole “preferenze” e conseguenti comportamenti (.. nel sottogruppo omogeneo.. )portano con se .. ?

- nel giorno del "cambiamnento storico" americano la crisi economica non svanisce. Allora?
- che sia una ripresa del keynesismo che ci possa portare fuori da questa crisi? Ma non scherziamo. Qui (nel mondo moderno.. e negli usa in particolare..) la spesa si è decisamente dilatata oltre alle capacità della produzione e della sua manutenzione. Il rapporto tra capcità di produrre e consumare/pagare è da tempo a favore della spesa (n.b. : carte di credito,debito pubblico...). Un pensiero innovativo sull'organizzazione della produzione e sulla "appropriazione" del prodotto si rende decisamente urgente e ovviamente è necessario.. Lavoriamoci, ma non illudiamoci !

Ciò detto, oggi è un giorno “storico”
come in tanti riconoscono
e voglio – comunque - unirmi al coro dei plaudenti,
dei soddisfatti per i risultati conseguiti

Vivendo nella democrazia formale in atto
e per chi persegue una visione del mondo “umanista”
oggi è certamente un giorno migliore di ieri

… (probabilmente)
… Anche le grosse e nuove questioni della gestione delle differenze
potranno essere affrontate in un ambiente migliore..

Ma nella “società delle decisioni” in cui viviamo
è necessario e utile
traguardare la strutturazione di nuovi diritti e doveri
basati realisticamente su preferenze e differenze
e su una strutturazione plurale delle stesse
( sul principio delle differenze..)
piuttosto che su un improbabile
“universalismo dell’eguaglianza”

sabato 1 novembre 2008

- una delusione smisurata (.. da una burocrazia non aggettivabile!)

Sabato di fine ottobre
4,30 di mattino : in auto verso l’aeroporto
Stanco ma con le idee chiare sui prossimi giorni :
incontri di lavoro americani di alto rilievo
abbracci e discussioni con il mio universitario
L’atterraggio a Francoforte è dolce più del solito
Avanti verso la coincidenza per Los Angeles
Pronti biglietti e passaporto
Andre passa prima perché io devo andare in bagno
Consegno anche il mio passaporto
E qui comincia l’assurdo :
un funzionario della compagnia aerea e un rappresentante degli USA
mi informano che non posso partire
perché il rinnovo del passaporto non è stato fatto
- pur con regolare procedura della questura italiana - con una foto digitale
Non voglio crederci,
l’immaginazione dei miei pensieri la lascio al lettore
… mi sento mancare le forze e lascio perdere.
Fatico pure a trovare un volo di ritorno in Italia.
Ora sono qui con tanta delusione
e quasi senza rabbia
di nuovo al mio tavolo di lavoro.
Diverse persone provenienti da diversi punti del mondo
mi aspettano per (importanti) riunioni a Los Angeles :
non ho la forza di pensare ad iniziative
e ad azioni confacenti alla situazione
Solo Andre sarà là e forse mi potrà fare da ponte.
Maxi è là che mi aspetta
E le mie braccia possono aspettare il suo abbraccio
E le sue parole le potrò sentire sono via mass media
Grant è la – dopo tanto lavoro –
A fare da palo ad una situazione difficile
Assolutamente imprevista e non preventivabile
Andre almeno è partita
Ok, ha dovuto affrontare la (comune) paura del volo
Ma fra poco abbraccia Maxi
Fra poco incontra Grant e Sheryl
Fra poco vivrà nei colori e nelle ebrezze di LA
Sono tornato ma sono stordito,
- meglio :
sono sotto l’effetto di “una delusione smisurata”
La mia passione
per il lavoro,
per gli States,
per gli orizzonti plurali e positivi
oggi ha subito una scossa profonda :
dovrò metabolizzare
per verificare e progettare se e come
“ripresentarmi alla vita sociale
e alla organizzazione burocratica di questo mondo”

sabato 18 ottobre 2008

- Chimica Molecolare

Monomeri, polimeri
discorsi molto effimeri
catene di elementi
non molto divertenti
si legano,si fondono,un poco mi confondono.
Ma in fondo poi mi piacciono,
stanno tranquilli, tacciono,
non fanno mai baccano,
spalmati sul divano
perche' la finta pelle
in vero e' PVC
non sono cose belle
da dire proprio qui,
Pero' il polietilenese
ben cristallizzato
se viene molto bene,
ti rende realizzato.

(una poesia del Maranza http://www.maranza.com/index.htm presa cosi com’è in una giornata d’ottobre)

giovedì 16 ottobre 2008

- Il fronte del disordine (e l'atteggiamento da preferire)

Oggi, parlare del “disordine” finanziario
è quasi facile:
prima con sufficienza, poi con dubbio quindi con paure

Oggi, parlare del “disordine” sociale
è complesso :
il distacco / disgusto per le relazioni si fa diffuso,
l’altro è un “altro” e punto
il discorso di ognuno si congela sui luoghi comuni più consolidati e trivii
Al più l’agenda è barbara , scelta da altri e controllata da lobbies più o meno ben intenzionate

Oggi, parlare del “disordine” comportamentale
è facile : si tratta di una (quasi) normalità

Se la mettiamo in scelte politiche si sente dire che è meglio
suicidarsi con un ambiente inquinato
ma dentro ad un bide di veleni ingioiellato (vedi il minacciato veto italo polacco alla opzione ambientale UE)

Se la mettiamo in politiche di sviluppo strategico aziendale
risulta “forte” chi più manipola, imbroglicchia i bilanci
piuttosto di chi prova a costruire vantaggi su servizi desiderati e desiderabili
organizzati con cura e competenza e
con possibilità di riscuotere una equa redditività
Girare (non disattenti o impotenti) per aziende di vario grado e rango per verificare e rilevare

Cosa resta o ci sarà - mi chiedo - al di la del “disordine”
Cosa resta o ci sarà al di là dell’apatia diffusa e del disgusto
Provo a sognare :
- una rivolta senza successo e una che avrà successo
- un pensiero impotente lascerà / si farà soppiantare da un pensiero innovativo :
capace di ridare un qualche senso (anche sensi.., meglio)
agli avvenimenti e alle evoluzioni personali, sociali ed economico-politiche nel nostro futuro prossimo
- una prassi scientifica e tecnico economica si affermerà e supporterà progetti di potenziamento dell’esistenza dell’uomo in modo sensibile dandogli del tempo per confrontarsi con il mistero complessivo della natura


Al fronte del disordine bisogna saper tener testa e portare un nuovo assetto
Si deve partire dal comportamento individuale : rimettere in fila le priorità
e generare impegno ed esiti tali da essere pluralmente e diversamente remunerativi

Poi si tratta di disegnare un percorso di relazioni sociali
né da cartolina illustrata né da guerre civili
bensi di relazioni plurali arricchiti dall’originalità dei singoli
e del “rispetto” tra gruppi

Quindi si deve passare alla generazione di economie delle qualità
e dei bisogni
(bisogni di sogni compresi senza dimenticare la necessità di prolungare i viaggi…)

Infine bisogna istituzionalizzare il pluralismo strutturato delle diverse preferenze al fine di evitare inutili sopraffazioni ed arbitrarietà
e promuovere
le navigazioni scientifiche nel mare dell’universo finito fino ai suoi bordi.
E non si dica che è troppo o troppo poco :
è semplicemente la misura di riferimento necessaria oggi.


(ps. Da tempo non mi sto dedicando a questo mio blog : mi sembra evidente che il disordine che mi circonda ha un suo ampio ruolo!)

venerdì 19 settembre 2008

- tra format e "ragionamenti"

Segnalo questo articolo di I. Diamanti perchè ,a mio avviso,vale per una riflessione

- Se la delusione genera consenso

E' un po' sorprendente che la delusione, tanto diffusa nella società, non produca sfiducia nel governo e, in primo luogo, nel premier. Eppure in passato aveva sempre funzionato l'equazione: più delusione meno consenso a chi governa. Tanto che la delusione era divenuta una fra le più efficaci tecniche di opposizione. Complici i media, che ne hanno fatto un genere di successo, miscelando la delusione con altri sentimenti di largo uso, nel linguaggio comune. La paura, l'incertezza, l'inquietudine, l'insicurezza. Così, per restare a questo decennio, gli italiani delusi hanno punito, dapprima, Berlusconi e il centrodestra. Il quale ha perduto tutte le elezioni intermedie, dopo il 2001: comunali, regionali, europee. Tutte. Per riprendersi - e quasi a rivincere - nel 2006, dopo una breve e intensa campagna elettorale tutta protesa a deviare il corso della delusione verso Prodi e il centrosinistra. Suscitando sfiducia preventiva nei loro confronti. Come avrebbero potuto, gli elettori, soprattutto i più moderati, fidarsi dei comunisti, neo o ex non importa, e dei loro alleati? Quelli che avrebbero aumentato le tasse, anzitutto sulla loro casa; quelli che avrebbero aperto le porte ai delinquenti e agli immigrati: cioè, lo stesso; quelli che avrebbero allargato ancora lo spazio dello stato e ridotto quello del privato. Non ne avevano ... "paura"? Argomenti riproposti, con successo, nella breve parentesi del secondo governo Prodi. Neppure due anni di navigazione faticosa e affaticata, poi il naufragio. Nelle acque torbide della delusione. A poco è servito il tentativo di Veltroni di voltar pagina, cancellare il passato. Un nuovo partito, una nuova strategia, da soli da soli! Opposizione senza pregiudizio e senza antagonismo, Berlusconi: avversario mai più nemico. Troppa la delusione retrospettiva. Al punto da rendere inutile e controproducente il tentativo di rimuovere il passato - insieme a Prodi. Da ciò la vittoria schiacciante di Berlusconi, sopravvissuto alla delusione, emerso da un mare di delusione. E ora là, luminoso faro nella nebbia della delusione. Un sentimento che, sei mesi dopo il voto, non si è dissolto, ma, al contrario, continua a crescere. Una foschia grigia e densa. D'altronde, non ne va bene una. La crisi economica e finanziaria deborda. I prezzi sono fuori controllo. La paura della criminalità non flette. La fiducia nel futuro... da che parte sta il futuro? E poi, nessuna promessa mantenuta. Le tasse? Non caleranno. Alitalia? Affonda. Neanche nel calcio le cose vanno bene. La Nazionale ha perso gli europei. (Altro che ai mondiali del 2006, quando c'era Prodi ...). Eppure, il rapporto fra il governo e il paese; fra Berlusconi e gli elettori non ne risente. Al contrario: i livelli di fiducia crescono. Piove, anzi, tempesta: governo virtuoso. Edmondo Berselli, su Repubblica, ha sostenuto questa inversione di tendenza vi sia l'affermarsi di una forma di comunicazione politica. Anzi di un "format". Interpretato, sulla scia del Cavaliere, maestro insuperato, da alcuni attori politici abili. Anzitutto, Brunetta, il persecutore dei fannulloni annidati nel pubblico impiego. Poi, la Gelmini, domatrice dei professori e dei maestri, incapaci di educare e disciplinare i nostri figli. Maroni, difensore degli italiani dall'invasione minacciosa di stranieri e rom. Infine, perfino la Carfagna, alla caccia di prostitute e clienti, da punire direttamente sulla strada; Un format che comunica in modo semplice problemi complessi; personalizzando le paure e le crisi, attraverso bersagli facili da colpire, che riflettono il senso comune e spostano il flusso della sfiducia e della delusione lontano dal governo. Così la maggioranza degli italiani, riconoscente, si stringe intorno al governo, che li difende dalla minoranza deviante: professori, maestri, statali, immigrati, puttane. E dai piloti e i sindacati, colpevoli del possibile fallimento di Alitalia. Loro, non la politica che ha governato - e retto - le sorti della compagnia di bandiera per anni, decenni. Oltre ogni ragionevole ragione. Loro, che, pochi mesi fa, apparivano vittime del disegno del centrosinistra di svenderli agli stranieri, insieme alla compagnia. Tuttavia, oltre al format comunicativo del governo, c'è un'altra spiegazione. E' che ci siamo abituati, assuefatti alla delusione. Non la consideriamo uno emergenza, di cui ha colpa, anzitutto, chi manovra le leve di governo. Ma una situazione normale, per quanto sgradevole. Come la nebbia in val padana d'inverno e le zanzare d'estate. Gli italiani: non possono non dirsi delusi. A prescindere. Perché nessuno, è stato capace di sanare i bilanci, abbassare le tasse, rilanciare l'economia, ridurre la paura della criminalità. E se anche avvenisse, non ce ne accorgeremmo. D'altronde, anche se i crimini sono diminuiti, la paura è cresciuta lo stesso. E se il tasso di criminalità in Italia è tra i più bassi d'Europa, noi restiamo il paese europeo più impaurito e deluso. Il più sfiduciato. Chiunque ci governi. Berlusconi o Prodi. Per cui, dopo aver provato, invano, a invertire la rotta con il voto, cambiando governo e maggioranza, gli italiani si sono rassegnati. Così, oggi che la delusione è penetrata dovunque: nelle case, nelle famiglie nei vicoli, nei programmi tivù, negli indici di borsa che sembrano bollettini di guerra, nelle stime dei mercati, della produzione e dei consumi: oggi che la delusione è dappertutto, gli italiani hanno smesso di considerarla un accidente. La considerano una perturbazione durevole, uno stato di necessità. Che non è il caso di imputare a qualcuno. D'altronde, chi c'era prima ha fatto di meglio? E' riuscito a darci fiducia? A renderci felici? Allora, inutile ritorcere la nostra rabbia, la nostra delusione, su chi governa oggi. Teniamocelo. Accontentiamoci. Tanto più se riesce a consolarci e a offrirci capri espiatori, a suggerirci che non è colpa nostra (né tanto meno sua). Ma se la delusione non costituisce più uno strumento di delegittimazione del governo, né un metodo di opposizione, allora - scusate la tautologia - per fare opposizione la delusione non serve. Non solo, ma diventa dannosa. Un boomerang. Per fare opposizione occorrerebbe, al contrario, spingere la delusione più in là. Generare speranza, non nuove illusione. Ma la speranza è un attributo del futuro. E il futuro, per ora, è solo una speranza. Pardon: un'illusione, che in pochi si ostinano a coltivare. (19 settembre 2008)

domenica 24 agosto 2008

- Sospiri e respiri

Sospiri
di quando è l’eccitazione
che evolve in positivo
Sospiri
di quando il tema
non è di interesse
Sospiri
che sospingono
verso dei futuri immaginati
ma non per questo fattibili

Respiri
inconsci delle prime volte
Respiri
durante l’esercizio giovanile
Respiri
nell’esercizio maturo
per tenersi in forma
Respiri
che accompagnano
l’evolvere della maturità
fino alle sue trasformazioni radicali

giovedì 21 agosto 2008

- Appunto di passaggio

(su schemi interpretativi e operativi)

- Meccanicismo (variabile)
Il sistema di “misurazione matematica” delle forme e quindi del loro divenire via cause ed effetti.

- Biologismo (dinamico)
Sistema della “visione biologica” della complessità delle forme vitali e delle loro conseguenze ed evoluzioni

- Decisionismo (diffuso)
Sistema della “composizione risultante delle decisioni” come forma di lettura dinamica e riprogettazione dell’idea e della pratica delle materie nelle loro evoluzioni. Sistema base per disporre di una guida attrezzata per operare decisioni potenti per plasmare la presenza nell’esistente.

lunedì 18 agosto 2008

- Olimpiadi 2008


- OLIMPIADI 2008
- anche voi francesi avete le olimpiadi?
- Ma certo, monsieur
- Noi italiani abbiamo il nuoto femminile,la scherma maschile e il quattro con…
- Nous avons … nuoto maschile, tiro con l’arco e corsa ad ostacoli..
- Noi abbiamo… i cento,i duecento e i quattrocento metri..
- E noi Cinesi … abbiamo quelle del Ping-pong

domenica 17 agosto 2008

- Sarcasmo 6 - Sarcasmo inconsapevole (!?)

Oggi sui giornali esce la notizia (e il testo) del recupero di un discorso di Gandi dal titolo “Fate battere i vostri cuori all’unisono con le mie parole”. Discorso tenuto il 2.aprile del 1947 a Nuova Deli dal Gandi. Piccolo particolare : la pagina ha una sua bella sponsorizzazione di Telecom Italia che rimanda al sito “AVOIcomunicare”. Che non si possa leggere liberamente …. del sarcasmo inconsapevole in tutto questo ?

Ma anche qui non scherziamo :

“a Messina vi è l'ente porto che ha un cda da primato: 12 membri per un ente con un solo dipendente. Il consiglio tra gettoni di presenza e indennità intasca ogni anno 130 mila euro sui 225 mila stanziati dalla Regione mentre altri 45 mila finivano in studi e consulenze. Nonostante il nome, l'ente non si occupava del porto sullo Stretto ma di una zona franca istituita nel 1952 e mai realizzata: 56 anni di soldi buttati in pasto a Scilla e Cariddi.”
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=40452

- Sarcasmo 5 - Sarcasmo perdente

Raccontiamoci una favola. Ma si,vai, raccontamela. Eccola qui, in sintesi. A cavallo della fine del millennio secondo e dell’inizio del terzo si aggirava in una piccola area dell’Europa (un territorio socialmente martoriato da una deindustrializzazione oggettiva e non preparata; un territorio con una classe dirigente mozzata alla radice dalle sue insipienze e malefatte ; un territorio con una società civile inadeguata per una progettazione sociale che non passasse dall’impoverimento culturale ed economico (almeno a breve)) un gruppetto di candidati alla nuova leadership politica. Fu cosi che si presentarono sulla scena politica (almeno perché …. degli altri non ne parliamo qui) due attori (ufficiali) : un “nano” e un “baffetto”. Un baffetto che riteneva di essere “scaltro”. Quest’ultimo pre-preparato al ruolo dalla passione politica e dalla appartenenza ad una struttura e nomenclatura che aveva retto l’opposizione storica del paese (Un paese che si presentava al giro del millennio come il territorio delle pluralità in-sintetizzabili). Il primo era – invece - una tal bel ceffo che ,per sua esplicita ammissione, passava una parte consistente del suo tempo a fronteggiare la pressione della giustizia che lo incalzava per “mille corbellerie”. Il baffetto si presentava come l’uomo del realismo e della normalità, ma fatta una eccezione su quest’ultima : non transigeva dall’evidenziare un certo acume politico da lui espresso, governato e sintetizzato. “Si dà che”.. in quel paese le cose succedessero e susseguissero in modo burrascoso e che i due si confrontassero , anche se ad armi dispari, in modo continuo (durante un paio di decenni). Fortunatamente non erano sempre loro i primi attori. Ma questa nostra considerazione storica vuole (semplificando molto) concentrarsi solo su di loro, anzi su uno solo di loro : il baffetto. Sta di fatto che il nostro – che si dichiara realista - “sfida” sul terreno istituzionale prima e sulla legalità immaginabile e augurabile poi il nostro nanetto. Anticipiamo le conclusioni, veniamo subito al risultato : tre a zero per il nanetto. Perché mai tre? Raccontiamolo. Il baffetto prova a “trattare” (“confrontarsi?”) con il nanetto sul fare e disfare una riforma istituzionale per via di una commissione (bicamerale). Il nanetto sta al gioco finché gli conviene e fa saltare il tavolo lasciando il nostro leader “massimo” un po ammaccato. Poi ci riprovano a “confrontarsi” sul tema di un certo “conflitto di interesse” e il nanetto vince ancora per un chiaro “nulla di fatto” letterale : siamo due a zero (e soprassediamo sulle motivazioni possibili e o immaginabili / inimagginabili). Ma sentite questa. Il nanetto dopo averne fatte delle “più belle” – ad un certo punto della sua storia imprenditoriale - sta per fallire. La conduzione dei sui “affari” è semplicemente vacua, perdente e in profondo rosso economico. Il core del suo impero è nientemeno che la gestione della costruzione dell’agenda sociopolitica (di quel martoriato territorio europeo) e dei contenuti culturali (insomma i media…) di una nazione. Che fare? Ecco la mano del destino che interviene : qualcuno gli manda un sorvegliante – salvagente. La si butta sull’economico ! Chi sia stato “il mandante” non è dato sapere : … sembra che fossero degli istituti di credito. Con una particolarità : tutto questo avveniva all’ombra di un “governo con baffetto”. Ora, lasciamo la storia per un appunto particolare. In tutta questa storia ci piace “raccontare” “evidenziare” la forma del confronto preferito , la forma dell’esposizione e comunicazione tipica del nostro baffetto : il sarcasmo. Si, lui usava ed usa il sarcasmo come forma espressiva, come arma dialettica,come (evidente manifestazione di) evidenza della superiorità “cognitiva” e progettuale ! Peccato che tanto sarcasmo non sia mai caduto sulla strada di damasco e anziché supportare politiche progressiste abbia “inflitto” di fatto (forse, qui la storia gli dà troppa importanza) consistenti conseguenze negative alla società che viveva in quell’angolo d’ Europa che si sdraia incerta e a volte pigra nel grande mare mediterraneo. E tutto questo con buona pace per la potenziale simpatia del nostro.

- Note a margine (per curiosi o individui che faticano a credere nelle favole) senza valore di citazione storico referenziale

-16 novembre 2001 - Cari DS, manca ancora il rospo - di Paolo Sylos Labini
“…I leader dei ds hanno detto che la perdita dei consensi dipende in primo luogo dalla grave inadeguatezza dei programmi. Vero. Hanno detto anche che dipende dai litigi interni. Anche questo è vero. Manca però il rospo: il grave errore di strategia commesso quando, per avviare la Bicamerale, quei leader hanno cercato in tutti i modi un accordo con Berlusconi, che doveva essere il socio di un'impresa tanto ambiziosa quanto assurda”
- Io Berlusconi e la Bicamerale 23 Novembre 2001 di Massimo D'Alema (lettera sull'Unità in risposta ad un articolo del professor Paolo Sylos Labini apparso sullo stesso giornale il 16 novembre.)
www.massimodalema.it/interventi//documenti/dett_partito.asp?id_doc=227 - 14k
- Noi, Berlusconi, l'opposizione di Paolo Sylos Labini 24 ottobre 2001
- http://www.uonna.it/ragnatela6.htm
LA RAGNATELA: DALLE TRAME NERE AL GOVERNO BERLUSCONI.
Traccia storica e considerazioni di Renata Franceschini, Soccorso Popolare - Padova
- Sull’orlo del fallimento
Debiti per 4 mila miliardi. Così la Fininvest ha rischiato il naufragio. Poi, la quotazione in Borsa. Ovvero: come diventare ricchi con i «comunisti» al governo. di Bancomat
http://www.societacivile.it/primopiano/articoli_pp/berlusconi/debiti.html
- E Silvio blinda la cassa Fininvest 28 gennaio 2008 - MILANOFininvest inizia la sua terza vita da un salotto e una villa. Il salotto è quello buono per eccellenza, Mediobanca, dove il Biscione, - dopo anni di estenuante anticamera - si è conquistato una strategica poltrona di prima fila.
(Affari&Finanza, 28.1.08)
- Aldo Giannulli: "Lo stato parallelo - Cronologia 1942-1992"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.9 di "Avvenimenti".
- AA.VV.: "Banda armata -La sentenza del giudice Casson su 'Gladio'"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.48 di "Avvenimenti".
- Michele Gambino: "La Loggia P2 - La storia e i documenti"; collana I libri dell'Altritalia; supplemento al n.12di "Avvenimenti".
- Gianni Flamini: "Il memoriale di Gelli"; ed."L'Espresso".
- Inciucio - Come la sinistra ha salvato Berlusconi - Peter Gomez e Marco Travaglio - BUR - Biblioteca Universale Rizzoli Prefazione di Giorgio Bocca.
“.. È dall’inizio dell’èra Berlusconi che questa sinistra ipocrita fa campagna contro chiunque si opponga al suo doppio gioco. Ma che rispetto si può avere per gente che se ne infischia della libertà d’informazione e mira soltanto a stare nella stanza dei comandi e dei buoni stipendi?
Giorgio Bocca
L’“inciucio” compie dieci anni. Il primo a parlarne fu Massimo D’Alema, nel 1995. Poi, in sei anni di governo, il centrosinistra evitò di risolvere il conflitto d’interessi e di liberalizzare il mercato televisivo. Risultato: informazione taroccata modello Tg1 e niente satira politica. Dopo Regime, questo libro racconta le acrobazie parlamentari dei ne¬mici-amici del Cavaliere e le spartizioni “bipartisan” delle Authority e della Rai. Poi le nuove censure di regime contro Biagi, Santoro, Luttazzi, Freccero, Sabina e Corrado Guzzanti, Grillo, Paolo Rossi, Massimo Fini, Beha e altri militi ignoti; e gli attacchi a Report, Fo, Hendel, XII Round e così via, fino a Celentano & C. Senza dimenticare i giornali: la guerra a Furio Colombo e gli assalti estivi dei “furbetti del quartierino” al “Corriere della Sera”, con l’appoggio della finanza bianca, azzurra e rossa. Alla fine, una proposta di legge e un appello al governo che verrà: perché restituisca la televisione pubblica al suo vero padrone, il pubblico.”
http://www.marcotravaglio.it/libri/inciucio.htm

venerdì 15 agosto 2008

- Sarcasmo 4 - Sarcasmo ottimista

Attenzione : Che succede ?
… Cade una tegola !
Ottimista sarcastico : Ma va, è una tegola che si è mossa all’ingiù, senza troppe conseguenze..
Attenzione : Cosa fai ?
Ottimista sarcastico : Nulla.
E tra se e sé..
“Mal che vada a qualcun altro si crea un piccolo inconveniente.
Ma lo ripareremo…”

martedì 5 agosto 2008

- Sarcasmo 3 - Sarcasmo vignettistico


Anche questo è ...... sufficente? ... efficente ? efficace ?


lunedì 4 agosto 2008

- Sarcasmo - 2 Sarcasmo volontario e involontario


Nel girovagare, tra blog, arrivo a quello della Ravera che propone questo “pezzo di vita” quotidiana :

L’intelligenza degli altri 27 Luglio 2008
Fremo, rompo le balle, divento irrequieta. Rileggo mezzo caso di Freud, prendo e lascio l’ultimo romanzo di Yehoshua ( “Fuoco amico”, non eccelso). Nuoto e corro fino a sfinirmi. Dormicchio un po’, ma il pomeriggio è in agguato, sono le ore della scrittura e io non so stare senza scrivere. Rileggo un po’ di W. Whitman. Scarico la posta. Provo a scalettare un racconto…così, tanto per dare un ordine a un paio di pensieri ossessivi. Lo straccio. Immagino di continuare il romanzo che ho finito:prendo appunti su un ipotetico 1989 in cui far muovere Emma e Maria…Il disordine cresce nella mia testa e sul tavolo della terrazza. Si ammonticchiano libri, fogli, appunti. Acchiappo un vecchio Heidegger, “sentieri interrotti” che mia figlia mi ha regalato qualche anno fa. Incomincio a leggere “L’artista è l’origine dell’opera. l’opera è l’origine dell’artista”. Leggo tre pagine…mi stanco”


Irrequietezza !!

“Apro i Quaderni di Malte Laurids Brigge e, finalmente, mi placo. Sentite che bello: ” Uno dovrebbe aspettare, raccogliere saggezza e dolcezza per tutta una vita, una vita lunga se possibile, per riuscire forse, proprio alla fine, a scrivere dieci righe buone. I versi non sono, come si crede, sentimenti(i quali si hanno abbastanza presto), sono esperienze”. Il messaggio arriva forte e chiaro.
Chiudo i taccuini, poso la penna. Intanto, dietro gli scogli che orlano la terrazza, il sole incomincia a tramontare.”

Appello alla “Saggezza” !!

Una pagina di ordinaria follia - Lidia Ravera - 24 Luglio 2008
Un’ intera pagina del “Corriere della Sera”, la numero 19, sezione Cronache, è dedicata al rapporto che il nostro Paese ha instaurato con i Rom. “Bombe molotov in un campo nomadi della capitale: baracche lambite dalle fiamme, abitanti in fuga”, leggo, ed è il resoconto dell’ennesima scorribanda aggressiva della “peggio gioventù”, quella che per futili motivi (noia, razzismo da frustrati, testosterone senza meta) minaccia la vita di donne e bambini, distrugge roulotte, lascia divorare dal fuoco oggetti e provviste, vestiti e suppellettili domestiche. Erano a viso scoperto, hanno detto gli aggrediti, e gridavano insulti. …. “


Indignazione !!

Ma è più in là - altrove - che trovo una chiave “utile” di lettura (una chiave di lettura) del limite del discorso proposto sui “tempi odierni”. Si cambia tema e siamo a PD e ’68.

1) – “ Buona avventura - 8 Ottobre 2007
Non sono a Roma, quindi non posso fare la campagna elettorale (sono nella compagine numero 3: a sinistra con Veltroni). Forse, anche se fossi a Roma, non la farei. Quando cerco di convincere qualcuno, mi sembra sempre di dire le bugie. E poi anch’io, mica detengo certezze, cerco solo di capire in che direzione si riparano più danni. Due parole però vorrei spenderle, per augurare a tutti, tutti noi, noi che andremo a votare per eleggere il segretario di un Partito Nuovo (non un nuovo partito!), e l’assemblea che discuterà le nuove regole, buona avventura. Ho maturato l’opinione che proprio di questo si tratti, di un’avventura.”

2) – Intervistata in una trasmissione proposta da Rai Education (un giorno del 2008) l’ho sentita esprimere il seguente concetto (liberamente riportato) : “con il 68 e il 77 (intesi come movimenti…) abbiamo operato una dilatazione delle libertà a fronte di impegni e rischi personali e generazionali…assunti. Oggi i ragazzi – invece - stanno in casa (magari davanti alla TV) e non si prendono delle responsabilità fino ai trentanni ed oltre… Serve intervenire, …. responsabilizzandoli !” ndr

Ecco, se una persona come la Ravera esprime irrequietezza, amore per la saggezza e ribellione - non mi basta ma - sta bene : esprime un senso comune del malessere e forse anche una molla che porta al ricercare il nuovo oggi. Ma poi c’è il sottofondo che leggo diversamente. Lo leggo non tanto come “sarcasmo” voluto (più o meno implicito) ma come “sarcasmo involontario”. Come possiamo ragionevolmente ipotizzare una “avventura” ( .. magari “adeguata” .. ndr) questo PD ? Specie se ci volessimo riferire ad una “avventura” capace di “guidare” qualcuno ad approcciare meglio i temi filosofici e pratici di questa nostra società? Basta guardare la data degli auguri e le conseguenze e la situazione pratica e politica ad oggi del ruolo del PD per darsi delle risposte sensate su queste possibili domande. E’ vero che lei dice del suo scrivere che “non scrivo per i posteri”. Ma scrivendo e pensando serve comunque sforzarsi di aderire creativamente alla realtà in movimento. E occorrerebbe farlo in modo efficace specie nelle “costruzioni” di percorsi possibili da suggerire e socializzare. Ma passiamo oltre, ad un altro tema. Come posso non leggere come “sarcasmo” - qui certamente ed ancor più involontario – l’affermazione che la porta a considerare le conquiste di liberta e nuove relazioni che si sono aperte con il 68 /77 come possibile base motivazionale di un problema che si è riverberato sulle nuove generazioni in termini di “lassismo e/o irresponsabilizzazione” delle stesse. Il discorso proposto (sintetizzando molto ) è questo : noi (68/77) ci siamo fatti le lotte per cambiare le relazioni; ci siamo impegnati in prima persona, siamo usciti di casa presto (.. perché stavamo male ndr) invece questi giovani (d’oggi) sono un po smidollati e irresponsabili e pensano solo a stare bene in questa situazione. Una situazione in cui la generazione del 68/77 gli dà copertura. I giovani oggi stanno in casa fino ai trentenni…. anziché costruirsi spazi di loro autonomia.. e responsabilità. Un punto di vista, ok . Ma un punto di vista diverso è quello che invece riconosce come la nuova condizione di libertà sociale conquistata e diffusa con il 68/77 si è riverberata nella società e consente alle generazioni di sopportarsi e supportarsi. Forse non basta ma è un grande passo avanti. Dovremmo tornare all’autoritarismo del passato ??

Sarcasmo involontario !!
No, il sarcasmo non basta più né quando è voluto né quando è involontario.

giovedì 31 luglio 2008

- Basta il sarcasmo? anche se di Diamante?

Oggi, è uscito un articolo di carattere e con considerazioni sociologiche da parte di E. Diamante su un aspetto alla base di qualsiasi società : il sistema educativo. Il tono è sarcastico. Il tema è quello dei “contenuti e delle relazioni” educative nella scuola d’oggi. Dopo una disanima della situazione (catastrofica?!) odierna, l’opinionista la butta sul sarcasmo. E sviluppa quindi le seguenti considerazioni (urla al cielo con le mani nude..) :… dalla società si leva il grido

…“ Maledetti professori. Responsabili di questa generazione senza qualità e senza cultura. Senza valori. Senza regole. Senza disciplina. Mentre i genitori, le famiglie, i predicatori, i media, gli imprenditori. Loro sì che il buon esempio lo danno quotidianamente. Partecipi e protagonisti di questa società (in)civile. Ordinata, integrata, ispirata da buoni principi e tolleranza reciproca. Per non parlare del ceto politico. Pronto a supplire alle inadempienze e ai limiti della scuola. Guardate la nuova ministra: appena arrivata, ha già deciso di attribuire un ruolo determinante al voto in condotta. Con successo di pubblico e di critica. “
I.D. (Repubblica,28 luglio,08)
Mi chiedo : basta il sarcasmo? Magari bastasse un può di sano distacco, un po di ironia o anche del sarcasmo. Ma, come giustamente osserva il nostro opinionista, la situazione è molto grave, quasi “non prendibile”. … “Maledetti professori. Non servono più a nulla. Meglio abolirli per legge. E mandarli, finalmente, a lavorare.” E invece va presa dalla parte che si vuole. O meglio dalle parti che la si vuole. Un “soggetto qualsiasi” si chiede : che mai ho a che fare con gente che “ha un’altra cultura”,.. “fa altre scelte” .. “ha altre preferenze” ? Non basta più chiederselo: servono risposte operative sia a livello istituzionale che sociale. Facciamo un passo indietro. Le risposte organizzative – per dirimere le opzioni - storiche sono state : a- il conflitto fino alla guerra e alla prevalenza di qualcuno b- il tentativo di melting pot c- la democrazia della maggioranza d- forme locali diverse (che qui rispettiamo ma la cui trattazione qui ci porterebbe lontano,fuori tema) che hanno alla base le loro altrettanto diverse e non sempre condivisibili motivazioni.
Allora? Allora ,si tratta di diventare “realisti” e – sapendone la fattibilità – prendere in seria considerazione l’organizzazione pratica delle differenze. Oltre alla “democrazia della maggioranza” ci sono altre forme istituzionali possibili (?!). Un livello minimo generalizzato di istituzionalizzazione va garantito : le garanzie sui diritti generali (da concordarne un po i confini) dell’uomo. E poi, l’organizzazione delle differenze , delle decisioni “impegnative” (per volume,incidenza … ) con le relative conseguenze. Esempio pratico. Se “un soggetto” sta in una comunità e paga le tasse per avere pensioni e sanità sociale non può essere assimilato a chi ha una idea e una pratica che lo porta a non pagare le tessa (e magari pure volere sanità e pensioni…). Qui c’è uno spartiacque, una nuova forma organizzativa che va attivata : la organizzazione della democrazia delle decisioni ! Su questo dobbiamo e possiamo andare a costruire il nostro futuro e con esso il nostro farci e disfarci - comprensivo dell’espressione delle strutture dirigenti. Perché mai chi accetta il valore dell’organizzazione per merito, impegno e socialità dovrebbe avere le stesse “azioni e le stesse conseguenze” di chi rifiuta l’organizzazione sulla base del merito, preferisce la disuguaglianza dei contributi, la gerarchizzazione (diversa) delle relazioni e una comunità dei furbini ?
Non è più tempo di indugi. La società delle decisioni implica conseguenze diverse per preferenze e decisioni diverse. Poi, il tema - di come organizzare l’attraversamento tra il nostro essere multiformi e multifacce e le forme istituzionalizzate delle diversità - rimane una questione aperta importante da non sottovalutare. Ma non si può che partire dalla costruzione della istituzionalizzazione delle diverse preferenze! Questa volta (purtroppo,forse..) senza troppo sarcasmo !

martedì 22 luglio 2008

- Fais moi mal, Johnny (ancora un po ...??...)

- Fais-moi mal, Johnny

Oggi leggiamo, da internet, delle “pratiche del potere” in carica (per altro prevedibili) questo : “Sì definitivo al Lodo Alfano immunità per le alte cariche” (ovvero : il salva “uno” è un dado tratto!)
Consoliamoci con un po di francese condanna, protesta e ironia d’altri tempi. E ringraziamo Boris Vian.
- Paroles: Boris Vian. Musique: Alain Goraguer 1956

Il s'est levé à mon approche Debout, il était bien plus p'titJe me suis dit c'est dans la pocheCe mignon-là, c'est pour mon litIl m'arrivait jusqu'à l'épauleMais il était râblé comme toutIl m'a suivie jusqu'à ma piauleEt j'ai crié vas-y mon loupFais-moi mal, Johnny, Johnny, JohnnyEnvole-moi au ciel... zoum!Fais-moi mal, Johnny, Johnny, JohnnyMoi j'aim' l'amour qui fait boum!
Il n'avait plus que ses chaussettesDes bell' jaunes avec des raies bleuesIl m'a regardé d'un œil bêteIl comprenait rien, l'malheureuxEt il m'a dit l'air désoléJe n'ferais pas d'mal à une moucheIl m'énervait! Je l'ai gifléEt j'ai grincé d'un air faroucheFais-moi mal, Johnny, Johnny, JohnnyJe n'suis pas une mouche... zoum!Fais-moi mal, Johnny, Johnny, JohnnyMoi j'aim' l'amour qui fait boum!


Voyant qu'il ne s'excitait guèreJe l'ai insulté sauvagementJ'y ai donné tous les noms d'la terreEt encor' d'aut's bien moins courantsÇa l'a réveillé aussi secEt il m'a dit arrête ton charreTu m'prends vraiment pour un pauve mecJ'vais t'en r'filer, d'la série noireTu m'fais mal, Johnny, Johnny, JohnnyPas avec des pieds... zing!Tu m'fais mal, Johnny, Johnny, JohnnyJ'aim' pas l'amour qui fait bing!

Il a remis sa p'tite chemiseSon p'tit complet, ses p'tits souliersIl est descendu l'escalierEn m'laissant une épaule démisePour des voyous de cette espèceC'est bien la peine de faire des fraisMaintenant, j'ai des bleus plein les fessesEt plus jamais je ne diraiFais-moi mal, Johnny, Johnny, JohnnyEnvole-moi au ciel... zoum!Fais-moi mal, Johnny, Johnny, JohnnyMoi j'aim' l'amour qui fait boum!

Lui s’è alzato e m’ha abbordato
Dritto, era così piccolo
Mi son detta “Me lo faccio”
Che bocconcino, giusto per il mio letto

M’arrivava giusto alla spalla
Ma per il fisico era ok
M’ha seguito nella stanza
E gli ho urlato “Vai mio lupo!”

“Fammi male, Johnny, Johnny, Johnny
Portami in cielo… zum!
Fammi male, Johnny, Johnny, Johnny
Amo l’amore che fa bum!”
Falle male, falle male, falle male, falle male

Non aveva più che solo i calzini
Di un bel giallo a righe blu
M’ha guardato con uno sguardo ebete
Aveva capito qualcosa, l’infelice
E m’ha detto con l’aria desolata
“Io non farei male neanche ad una mosca”
M’innervosiva!
L’ho schiaffeggiato
E ho digrignato con aria feroce
“Fammi male, Johnny, Johnny, Johnny
Io non sono una mosca… zum!
Fammi male, Johnny, Johnny, Johnny
Amo l’amore che fa bum!”

Falle male, falle male, falle male, falle male

Vedendo che non s’eccitava per niente
L’insultai selvaggiamente
Gli dissi tutti gli insulti della terra
Anche di quelli che tu non sai

Lì s’è svegliato quasi di botto E m’ha detto:
“Frena la tua furia Mi prendi veramente per un poveretto?
Io ti rovino, come non mai!”

“Mi fai male, Johnny, Johnny, Johnny
Non con i piedi… zing! Mi fai male, Johnny, Johnny, Johnny

Non amo l’amore che fa bing!”
Falle male, falle male, falle male, falle male

S’è rinfilato la camicina
Il suo completino, le scarpettine
Ha disceso le scale
E m’ha lasciata una spalla rotta

Per ragazzacci di questa specie
Vale la pena diventar far le spese

Ora, ho le chiappe tutte blu

E d’ora in poi non dirò più

“Fammi male, Johnny, Johnny, Johnny
Portami in cielo… zum!
Fammi male, Johnny, Johnny, Johnny
Amo l’amore che fa bum!”

Oh, Johnny Che bestia
"Oh Johnny che male oh"

domenica 20 luglio 2008

- scusa (senza appello)

Oggi – potrei anche dire di averlo fatto senza volerlo (ma questa è una aggravante) -sono stato decisamente scostante, sciocco e intollerabile causando inutili irritazioni (e forse sofferenze) in una giovane ragazza incontrata perché “amica” di un ragazzo con cui lavoro .

- L’evento

Una collina sul fianco sinistro del Lago maggiore tra Arona e Meina. Un ambiente visivamente piacevole che mi rimanda alla prefazione di “At home in the universe “ dove Kauffman dice che parlando con Smolin gli venne l’idea di un diverso approccio alla fisica.

Io non sono interessato a discutere di teorie e neppure i miei interlocutori. Ma la ragazza con cui pranzo dice di interessarsi alla psicologia. Io “Semplifico” (troppo) : “la psicologia ha dato il suo contributo importante lo scorso secolo… “ … “… forse è meglio la psichiatria … che entra nel merito di questioni più biochimiche…” … “.. meglio un po di scienze della natura che discorsi sul sociopsicologico…”. Insomma , una serie di frasi fatte, molto banali e semplici che provocano dolore e mettono a nudo la mia “stupidità scientifica” applicata malamente.

Il tutto degenera in una imbarazzante gestione del resto del pranzo nel modo meno piacevole possibile. Non ho neppure la forza per provare a riprendere un po di “punti della dignità”. Gli altri sono giustamente infastiditi dalla mia rozzezza precedente.

Fortunatamente dobbiamo tornare a lavorare e il periodo di sofferenza interattiva finisce abbastanza in fretta. Ma il dolore per l’accaduto perdura (almeno in me).


- La condanna

Due azioni finalizzate come condanna : 1- richiesta pubblica di scuse e evidenziazione della mia stupidità interattiva e culturale e 2- “ripasso” privato sulle tendenze attuali della “psicologia”.


- Le conseguenze (immediate) dell’autocondanna

1- Le pubbliche scuse sono qui
2- Lo studio e l’aggiornamento è in due tappe (qui di seguito i titoli delle teorie psicologiche più interessanti nel tempo) e l’impegno ad approfondire il tema.

- Allegato : teorie e riferimenti ragionati sulla psicologia


Le principali teorie psicologiche (brevissima sintesi)

- S. Freud

Sigmund Schlomo Freud (Příbor, 6 maggio 1856Londra, 23 settembre 1939) fu un neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi, una delle principali correnti della moderna psicologia, ha elaborato la teoria dell'"Iceberg", secondo la quale l'inconscio governa il comportamento e il pensiero degli esseri umani e delle interazioni tra individui.

“L’interpretazione dei sogni”. Per convenzione si usa datare la nascita della psicoanalisi con la prima interpretazione esaustiva di un sogno scritta da Freud: si trattò di un suo sogno personale della notte tra il 23 e il 24 luglio 1895, e riportato anche ne L'interpretazione dei sogni come "il sogno dell'iniezione di Irma". La sua interpretazione rappresentò l'inizio dello sviluppo della teoria freudiana sul sogno.

L'influenza di Freud fu determinante in due campi correlati ma distinti. Sviluppò simultaneamente una teoria della mente e del comportamento e tecniche cliniche finalizzate all'apporto terapeutico nella risoluzione delle nevrosi. Molti sostengono che abbia influenzato solo il primo campo.
Secondo alcuni, il contributo forse più significativo di Freud al pensiero moderno fu la sua concezione dell'inconscio.


- Jung e la Psicologia Analitica

Carl Gustav Jung fu uno dei più noti e influenti seguaci di Freud. Nato nel 1875 a Kesswil, in Svizzera, figlio di un pastore protestante,Jung si laurea in Medicina e nel 1900 entra a lavorare nell' ospedale psichiatrico di Zurigo, diretto da Eugen Bleuler (1857-1939).
Venuto a conoscenza delle teorie di Freud, intrattiene con lui scambi epistolari ed entra a far parte del movimento psicoanalitico, ma con la pubblicazione del suo volume Trasformazioni e simboli della libido (1912) vengono alla luce i suoi dissensi teorici con Freud e nel 1913 il loro rapporto si interrompe.

- A. Freud: La Psicoanalisi Infantile

Anna Freud, figlia di Sigmund Freud (Vienna 1895 - Londra 1982). Psicoanalista si occupò fin dall'inizio di psicoanalisi infantile, ponendosi in contrasto con le posizioni cliniche e teoriche di M.Klein; quest'ultima aveva ipotizzato che era possibile estendere anche ai bambini la psicoanalisi applicata agli adulti, mentre la Freud riteneva che tale trasferimento non fosse possibile. Altra divergenza, riguardava le tecniche analitiche utilizzate: per la Freud gli strumenti più utili erano il ricorso ai disegni, l'interpretazione dei sogni e, a volte se necessario, la libera associazione


- W.Reich : L'analisi del Carattere

Wilhelm Reich psicoanalista austriaco naturalizzato statunitense (Galizia 1897 - Pennsylvania 1957) fu il più noto tra i dissidenti freudiani della seconda generazione (dopo A.Adler e C.G.Jung). Il suo nome è legato al tema della liberazione e rivoluzione sessuale. La teoria sull'orgasmo, la teoria del carattere e la tecnica di analisi del carattere sono le componenti fondamentali della sua psicologia. La sanità psichica dipende dalla potenza orgastica che però viene inibita dalla società moralizzatrice (del suo tempo) producendo così effetti di stasi e resistenze che contribuiscono a costituire l'armatura del carattere.


- B.F. Skinner : La Teoria del Rinforzo (comportamentista)

Burrhus Frederik Skinner psicologo statunitense (Pennsylvania, 1904 - Massachusetts 1990). Fu uno dei principali rappresentanti contemporanei del comportamentismo, incarnando l'ortodossia di J.B. Watson. Secondo Skinner l'unico criterio di scientificità è il metodo sperimentale e valutò come unico oggetto dell'indagine psicologica il comportamento direttamente osservabile dall'esterno . Egli indicò l'essenza della ricerca nella descrizione delle risposte e studiò anzitutto il «comportamento verbale»; poi estese l'interesse ai problemi psicologici dell'istruzione programmata, fino ad approdare alla teoria della «tecnologia del comportamento».

- M. Wertheimer : Percezione del movimento (gestalt)

(New york, 1943) fu il capostipite della psicologia della Gestalt fondando nel 1921 insieme a Koffka, Kohler e Goldstein la rivista “Psychologische Forschung”. A lui si deve la formulazione iniziale del concetto di insight (“visione dall'interno”) e la teoria dell' isomorfismo , teoria secondo la quale vi sarebbe identità di forma tra le nostre esperienze e i processi fisiologici che ne sono alla base. Tutti questi principi e concetti che furono poi meglio ampliati e sviluppati da Kohler e Koffka. Un importante suo articolo ( Studi Sperimentali sulla percezione del movimento, 1912 ), raccoglie tutti i risultati degli esperimenti che effettuò sul movimento apparente.


- W. Kohler: Il concetto di Insight

Wolfgang Kohler psicologo tedesco (Reval, Estonia 1887 - Enfield, New Hampshire, 1967). Con M. Wertheimer e K. Koffka, è uno dei massimi rappresentanti della teoria della forma (Gestalt). Condusse particolari esperimenti di psicologia animale su scimmie antropoidi e i risultati di questo studio lo spinsero a contrastare le teorie formulate dagli psicologi a lui contemporanei che vedevano i processi d'apprendimento e di pensiero come una semplice sequenza di tentativi effettuati per caso. Kohler osservò, invece, come le scimmie, possono utilizzare anche strategie non casuali, ossia atti intelligenti ( insight) , i quali permettono agli animali di ristrutturare il proprio campo cognitivo.

- Il modello di Hierachy of Needs di Abraham Maslow

I bisogni molto di base sono aria, acqua, alimento, sonno, il sesso, ecc. Quando questi non sono soddisfatti possiamo ritenere la malattia, l'irritazione, il dolore, il disagio, ecc. Queste sensibilità li motivano per alleviarli appena possibile per stabilire il homeostasis. Una volta che sono alleviate, possiamo pensare ad altre cose.

- Teoria dello Sviluppo Percettivo di Gibson

Esseri umani come percettori attivi .I bambini e gli adulti scoprono, esplorano, prestano attenzione, estraggono informazioni e differenziano gli oggetti Gli esseri umani sono intrinsecamente motivati ad esplorare il loro mondo e ad apprendere .La percezione è sempre motivata dagli scopi che si ritengono importanti.

- Gustav Le Bon e la Psicologia delle folle

Gustav Le Bon(1841-1931) Etnologo e psicologo (fu uno dei fondatori della "Psicologia sociale") nato in Francia a Nogent-Le Retrou, fu il primo psicologo a studiare scientificamente il comportamento delle folle, cercando di identificarne i caratteri peculiari e proponendo tecniche adatte per guidarle e controllarle. Per questa ragione le sue opere vennero lette e attentamente studiate dai dittatori totalitari del novecento, i quali basarono il proprio potere sulla capacità di controllare e manipolare le masse

- La Teoria dell'attaccamento di John Bowlby

John Bowlby e Mary Ainsworth hanno contribuito a dimostrare come lo sviluppo armonioso della personalità del bambino dipenda da un adeguato attaccamento alla figura materna, e, influenzati dal contesto culturale e scientifico degli anni ‘50-’60, fortemente impregnato dai progressi della biologia evoluzionistica, dell’etologia e della cibernetica, hanno fissato le radici del futuro sviluppo del "costrutto dell’attaccamento".Partiamo dalla definizione di attaccamento che lo stesso Bowlby offre in uno dei suoi libri più conosciuti "Una base sicura" (1989): "il comportamento di attaccamento è quella forma di comportamento che si manifesta in una persona che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un'altra persona, chiaramente identificata, ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato".

- Il complesso di Edipo

La struttura psichica in cui si organizzano i sentimenti amorosi e ostili che il bambino avverte nei confronti dei genitori e dal cui superamento dipende, secondo S. Freud, il futuro profilo psicologico del soggetto.


Nota : In aggiunta a questo bigino delle teorie principali della psicologia voglio richiamare i tre punti citati da Fiorangela Oneroso (in : Realtà e rappresentazione nella psicologia cognitiva. Alcuni spunti di riflessione ) in un lavoro di ricostruzione della teoria psicologica analitica ad oggi e riporto la bibliografia che cita in cui compaiono importanti ricercatori che hanno lavorato sulla linguistica incrociando la problematica della psicanalisi

“……… Talune linee programmatiche emerse dalla ricerca in questi ultimi anni offrono perciò, a mio avviso, l'opportunità di individuare alcuni nuclei di discussione intorno ai quali vorrei centrare l'attenzione, e che sono:
1) La dimensione linguistico-simbolica che, in quanto interna e costitutiva della teoria delle rappresentazioni sociali, impone una riflessione di carattere teorico metodologico sul linguaggio e sulle produzioni discorsive.
2) La riproposizione problematica del paradigma causalistico nelle scienze psicologico-sociali e lo stato della sua applicazione nelle teorie e nei modelli che la nuova prospettiva propone.
3) Il problema del sociale inteso come nucleo problematico fondamentale nei procedimenti di ricerca e nelle elaborazioni delle teorie che fanno capo al costruttivismo-interazionismo. ..”

Bibliografia (selezionata)

1. UGAZIO V. (a cura di) (1987), La costruzione della conoscenza, Milano.
2. AMERIO P. (1988), "Un punto di vista cognitivo-costruttivistico in psicologia sociale: lineamenti teorici e percorsi di ricerca" in Psicologia oggi: paradigmi e metodi, ricerche e applicazioni, a cura di A. MASSUCCO COSTA e L. PEIRONE, p. 133.
3. Cfr. ad esempio il materiale di lavoro dell'incontro su "Costruttivismo e interazionismo in psicologia sociale" a cura di A. QUADRIO, tenutosi a Milano il 7-8 Aprile 1989.
4. MOSCOVICI S. (1988), "La costruzione della conoscenza come fenomeno collettivo", in La costruzione della conoscenza, a cura di V. UGAZIO, p. 259.
5. LE BOUEDEC G. (1986), "Implicazioni metodologiche degli studi sulle rappresentazioni sociali", in Psicologia e società, I, p. 8-16.
6. DE SAUSSURE F. (trad. it. 1970), Corso di linguistica generale, Bari, p. 26.
7. PIAGET J. (trad. it. 1968), Lo strutturalismo, Milano.
8. JACOBSON R. (trad. it. 1972), Saggi di linguistica generale, Milano.
9. BACHTIN M. (1929; trad. it. 1978 con il nome di Volosinov V. N.) Marxismo e filosofia del linguaggio, Bari, p. 85.
10. UGAZIO V. (1987), cit.
11. MOSCOVICI S., cit., p. 291.
12. Ivi.
13. MASSUCCO COSTA A., PEIRONE L. (1988), "Considerazioni sull'approccio sistemico in psicologia", in Psicologia oggi, paradigmi e metodi, ricerche e applicazioni, cit., p. 44.
14. LUHMANN N. (trad. it. 1979), Potere e complessità sociale, Milano.
15. LUHMANN N. (trad. it. 1978), Stato di diritto e sistema sociale, Napoli.
16. DONOLO C. (1982),"Sociale", Laboratorio politico, I, 103-120.

domenica 13 luglio 2008

- ritratti in poesia : due amici (V&M)

In sintesi : dolcezza,durezza e aspirazioni

Si, dolcezza

Dolcezza
dello sguardo sociale che
- seppur in modi diversi –
vorrebbe abbracciare tutti

Dolcezza
dello sguardo reciproco
che incontrandosi dice
“home sweet home”

Dolcezza
della memoria, degli affetti
Vicini : verso i gioellini biologici prodotti e riprodotti
Storici : verso le famiglie e i luoghi d’origine
pur nella discrezione delle poche pubbliche evocazioni

Durezza, anche

Durezza
verso le forme dell’ipocrisia
durezza
verso l’intolleranza persin razzista più che bigotta
di parti consistenti di queste terre comasche

Durezza
nel prendere di petto le avversità della vita
Durezza
Verso le stupidità che si trovano sempre ai bordi di ogni strada

Durezza
nello sguardo intenso e fin troppo a fuoco
dei momenti del disaccordo


Aspirazioni : le vere vocazioni comuni nella vita

Basta guardarvi e si vedono le aspirazioni latenti

Dolcezza, durezza ma anche :Aspirazioni


Aspirazioni
al buonbel vivere
… come se fossimo in un mondo tardo borghese
che invece evapora
.. ma che vorreste far rivivere
almeno un po nelle sue forme “migliori”

Aspirazioni
alla costruzione di mondi armonici

Seppur consapevoli della frammentarietà
del mondo disadorno e cinico che circonda

Aspirazioni
chi alla scienza e chi alla poesia
comunque
Del fare e del sognare

Aspirazioni
mai abbandonate,
mai abdicate
che
– come anche per i sogni dei meschini ma lontani da loro –
fanno dell’evoluzione dell’essere
nelle nostre forme biologiche
una motivazione aggregante,
forse la motivazione per vivere

Aspirazioni
che
anche se si infittiscono dalle nove alle dodici del sabato sera
le riscontro
e le vedo rotolare
- anche se un poco imbavagliate -
anche nel disteso scorrere del quotidiano

sabato 12 luglio 2008

- Sguardi attorno a noi : da Fiorin , a Permani, Croazia


Ognuno si cerca (o semplicemente usa o crea) i suoi strumenti di misura: chi il termometro, chi l’indagine qualitativa, chi i censimenti, chi altre forme di misura sociale o scientifica in funzione e relazione con l’obiettivo da raggiungere. Io per la lettura socio economica della Croazia mi trovo bene con il mio strumento rilevatore : il ristorante di Fiorin a Permani. Da Fiorin è poco meno di dieci anni che ci ritorno con una certa continuità. Prima casualmente, poi come obiettivo logistico -alimentare infine come consuetudine globale. Da Fiorin misuro la temperatura delle relazioni sociali ed economiche di questo paese. Sono passato dal rilevare l’ incertezza del muoversi dei primi tempi (segnalato da una quasi eccessiva ricerca del consenso alla qualità proposta dal gestore – e questo rispecchiava un poco l’atteggiamento generale della comunità locale incerta sui passi in atto) al consolidamento dell’impresa (con parallela rassicurazione dell’intera comunità) , alla stanchezza della gestione (comunicataci dal gestore.. ma anche spia di un assestamento sociale ed economico in atto). Un paio d’anni fa la qualità qui risultò incerta e la spia era rivolta al negativo. Oggi no : la qualità del cibo è molto buona. Il ristorante bar è pieno di gente del posto (per uno spuntino alimentare ma anche per una chicchera al bar tra artigiani e operai a fine giornata ),di turisti di varie nazioni e di turisti locali. Il prezzo è “onesto” e competitivo con le altre comunità europee. La Croazia da Zagrabia al mare è una intera zona alberata punteggiata da pochi e piccoli paesini : una risorsa da tutelare e valorizzare. Di ritorno da Budapest l’ho attraversata –con piacere – per andare a fare la mia verifica nel mio osservatorio locale. E qui vi ho proposto una semplice sintesi dello stato di fatto riscontrato. Una situazione che anche nel viaggio a Split di un paio di anni fa si evidenziava in Croazia dal lato dell’offerta turistica: anche questa di qualità e competitiva.

- Sguardi attorno a noi : Budapest la bella


Il Danubio come guida

Il Danubio accarezza la città di Budapest e la distingue in Buda e Pest. Il Danubio la ricongiunge però rispecchiandola tra le due rive e la ricongiunge con la sua origine e il suo divenire. Budapest non è solo localizzata in un punto strategico sul Danubio è localizzata al centro della cultura austroungarica e alla cultura mittel-europea che tanto ruolo ha svolto negli ultimi secoli nell’occidente. E a Budapest questa storia si vede. Si vede nel disegno dei bordi del fiume : strada di servizio per contatti con il fiume, argine di secondo livello, marciapiede ampio e strutturato, pista ciclabile e pista pedonale quindi ancora strada di scorrimento : e questo lungo tutto il distendersi della città!
Seduti al bar della piazza Nagy, di fronte al Parlamento, si sorseggia buona birra, in pace e tutti sono belli (non sembrano belli : sono belli!). A Budapest un po tutti camminano con un libro in mano. E i mezzi pubblici sono pieni, continuativi e funzionano.

Anche il taxista fa la differenza.

Chi non ha avuto un’esperienza di taxi a Milano, Roma e non trascuriamo Fiumicino e Malpensa ; diciamo : scostante (cosa vuoi? Dove vai? Non so..) , disgustoso (se si fa una qualche domanda.. e ci serve una indicazione), senso della rapina (vieni che ti spolpo .. senza tassametro..) e noia dell’interazione “povera” … usando eufemismi.
Entro a Budapest da ovest e sono senza una idea chiara della mia posizione e della localizzazione dell’hotel che dobbiamo raggiungere. Mi accosto e chiedo direzione ad un Taxista. Molto chiara e gentile è la risposta (in inglese ma anche in francese).
Torno in macchina e mi avvio quando vengo superato dal taxista che mi “guida” all’hotel. Sono incerto, perplesso e stupidamente arrivatii all’Hotel gli faccio segno di fermarsi e gli chiedo se gli devo dei soldi. Un po la sua faccia si rattrista ma poi (spero) mi perdona. Ecco a Budapest anche i taxisti fanno una differenza di qualità che si inserisce bene nell’insieme.

Il ritmo del paese

Dall’’ultima volta che sono stato qui sono passati tre anni. I cambiamenti più evidenti mi risultano – a vista – cosi : dalla frenesia dello sviluppo si sta arrivando ad una certa stabilizzazione dello sviluppo evidente (immobili e nuove insegne per intenderci). L’inflazione è stata significativa anche qui : un bel trenta per cento di costo in più per fare le stesse cose da “attraversatore”. La struttura sociale è pacata e la musica stabilizzata , positivi ma non da “movida”.

- Sguardi attorno a noi : in viaggio verso l'Ungheria


L’occasione è ricorrente : quando c’è un convegno del WIP (World Internet Project) in Europa io accompagno una sua animatrice - parte costituente fin dalla sua origine - e cosi mi guardo in giro. Questa volta parto ad ora tarda per un insieme di inconvenienti (perdita/furto di telefonino; permessi per la macchina sostitutiva; chiarimenti sul da fare a collaboratori ..) e mi trovo a fermarmi per la notte in un paesino vicino a Palmanova, Friuli. Cerchiamo un ristorante nella campagna buia, deserta ma talmente “naturale” e in mano agli animali da suscitare qualche piccola paura. E’ Lunedì ed è ora tarda : si fa fatica a trovare una soluzione logistica per cena e alloggio. Quando, ecco spuntare uno strano immobile, in mezzo al nulla: un ristorante ampio, grande, strano e “di massa”. L’immobile è difficilmente definibile dal punto di vista delle caratteristiche architettoniche. Un mix di Capannone per feste della birra tedesche; un luogo di incontri da vecchio socialismo reale dei paesi dell’est ; un rimando alle mense universitarie americane (ma anche italiane). Questo dal lato dell’ambientazione e della struttura dell’immobile. I contenuti e il servizio diverso: efficiente e con ottimo rapporto prezzo qualità. Mi siedo con un po di incertezza. Poi tutto scorre abbastanza liscio. Nel grande spazio capace di ospitare almeno sei - settecento persone alla volta ci sono due o tre gruppi di sei sette persone che si perdono nell’ampio spazio; un paio di persone alle prese con birre grandi ed altri con boccali di vino, infine non più di tre coppiette. Gli addetti al servizio ancora presenti e numerosi, ma sostanzialmente inattivi, si stanno preparando alla chiusura del locale. Non ci premono e noi consumiamo l’abbondate e calorico pasto : tra wuster, pollo e una zuppa fredda casareccia. Poi via all’alberghetto del paese vicino. Una locanda con la nostra camera che ha la vista sulla piazza. Silenzio. Silenzio interrotto solo da qualche scambio di battute tra due uomini che sorseggiano del vino seduti sulle sedie del bar sottostante. Pochi altri passi, giù in strada, ed è notte assolutamente silenziosa. Un contrappunto alla frenesia e ai rumori degli insediamenti della Milano - Como. Di mattino i ritmi sono pacati, la gente serena, quasi allegra : sembra già di essere in un altro “paese”. Poi via verso l’Ungheria. Poche altre annotazioni (ma significative) : in Slovenia l’atteggiamento generale verso gli “italiani” è ruvido, irridente e distanziato. E’ come se una vecchia mitteleuropa Viennese (trasportata li nello spazio -tempo) guardasse all’Italia come ad una malconcia provincia dell’impero. Ma siamo proprio in Slovenia e non c’è più l’impero austro ungarico da tempo (mi dico!). Ma non erano diversi e opposti i posizionamenti dei “luoghi comuni delle percezioni sociali di gruppo” fino a qualche decennio fa? “Come si cambia.. “. Di nuovo sulla Slovenia devo aggiungere la segnalazione di una trentina di kilometri al confine con l’Ungheria con una serie di piccoli paesini con case ad un piano ed una armonia architettonica, ambientale e sociale da piccola area del “bengodi”. Piccole comunità si moltiplicano, piccole comunità del passato , piccole comunità che si proiettano nel futuro prossimo. Bisogna fare più attenzione alle micro zone, alle piccole comunità e alle loro specificità in questo mondo globalizzato.



domenica 6 luglio 2008

- ritratto di "Amore" (solo apparentemente lezioso)

intelligenze
bellezze
rinnovamenti


intelligenze
quelle che ti sono riconosciute e che esibisci nell’apprendere
quelle dimostrate nella tua creatività teorica
quelle trasmesse attraverso l’insegnamento a terzi

intelligenze
come quelle espresse via dolcezze di attenzione sociale
(anche in tempi di egoismi, oscurità e chiusura soggettivistica)

intelligenze
nel leggere l’importanza del “sentimento / modello culturale”
nel dare conseguenze all’agenda , alle agende di volta in volta proposte o imposte

intelligenze
nel leggere quel mondo in rete
oggi diventato famigliare a tutti (e forse anche un poco pericolosamente..)

intelligenze
che esprime il tuo corpo nel suo continuo rimodellarsi e riproporsi

bellezze
come quella passeggera della ragazzina magra, sgambettante e ammiccante

bellezze
come quella che emanano i tuoi occhi e le tue parole
quando guardano e quando discutono

bellezze
come quella che la tua maturità porta in giro con una certa ostentazione
appena dimentichi che anche qualche chilo di troppo fa parte della vita

bellezze
come quella che hai trasmesso alla tua prole

intelligenze e bellezze :
ma è il rinnovamento
che ha caratterizzato questi plurali
ma è il rinnovamento che ha evitato le reiterazioni sciocche del “conosciuto” del “detto”
e del “fatto”

rinnovamenti
come quello che ti portava a fare indigestione di nuovi libri
mentre arricchiva le case editrici

rinnovamenti
come quello che portavi nelle condizioni e nei posti di lavoro
dove alcuni bevevano e altri rubavano la ricchezza e la freschezza del tuo pensiero

rinnovamenti
come quello che ti ha portato nelle mie braccia
e che ci lascia ancora avvolti nei misteri dell’indicibile “amore”

rinnovamenti
come quello che stai sviluppando con la gestione dei tuoi giardini
(apprendimento agricolo vivaistico..)
come quello che stai sviluppando per i cessi e le terrazze
(che rinnovi e o aggiungi nelle tue case)
- qui – con la speranza di un ritorno semi improbabile anche economico

Oggi la pittura non è più espressione romantica delle tonalità del blu,giallo rosso e via

Oggi la pittura è una forma espressiva che vagola tra letteratura e materia

Anche noi vagoliamo : nel caso tu vagoli tra intelligenze, bellezze e rinnovamenti

Ma quale sarà mai la prossima forma del nostro divenire ?

Del tuo io sono sicuro : si tratterà di un divenire – comunque – intelligente, bello e dinamico

Del tuo divenire siine sicura!

Ma, please,
porta anche me :
fai in modo che continuiamo assieme
anche nelle prossime forme !
Grazie

domenica 29 giugno 2008

- della "società delle decisioni"


- La società delle decisioni : come viverla e strutturarla (una nota)

In questo nostro mondo post - post industriale, dalle misure esageratamente fuori buon senso come il nano e il macro bisognerà pure trovare il modo di camminare con un passo spedito,fiducioso e metodologicamente forte anche nell’esplorazione e nella diversità.
Dire questo oggi è come fare una dichiarazione di ri-conquista del cielo. Se ne sono fatte tante di queste dichiarazioni e tante se ne ri-faranno. Ma noi siamo qui e con questa particolarità dobbiamo, vogliamo cimentarci.
Parlare di futuro, di ottimismo e di fattibile … in un mondo di nani, ballerine e guerre – (ancora per un poco ?) - esportate potrebbe sembrare un atto di fede improbabile.
Eppure ho la sensazione che il giro di boa sia già avvenuto. Magari misconosciuto , magari nascosto ma inesorabile. Le vecchie ideologie di capitalismo, di comunismo e di reiterazione quantitativamente allargata del conosciuto cominciano a farsi spessori non più adeguati alla bisogna. Si può uscire con guerre e distruzioni ma si può uscire anche con forme di “occupazione” “costruzione” diversa degli spazi. Io tifo per la seconda via. Per evidenziare questo mio orientamento propongo una nota elaborata diversi anni fa in cui affrontavo un ripensamento dell’idea di soggetto e di società. Allora l’idea di un soggetto plurale era ancora poco consolidata e poco frequentata. Oggi chi non ha evidenziato le sue ennesime facce ? A facilitare questa evidenziazione hanno contribuito tecnologie diverse che – a mio avviso – hanno sostituito l’ alfabetizzazione di massa del “Non è mai troppo tardi”: internet, nanotecnologie, biotecnologie e staminali per citarne alcune. Di alcune frequentiamo la suggestione dei titoli, di altre pratichiamo la moltiplicazione reale delle forme espressive e relazionali. Tutto questo sembra però costretto in un limbo sociale ed istituzionale che parla un’altra lingua, la vecchia lingua del potere che istituzionalmente gestisce premi e punizioni. E’ una situazione un poco paradossale a cui conviene fare fronte anche con un certo impegno.
Nel sociale e nell’istituzionale il lavoro necessario per un nuovo assetto è rimasto molto indietro, si tratta di porsi la questione e di rimodellare l’ambiente. Nani, ballerine e guerrieri devono stare al loro posto (c’è posto anche per queste forme espressive) ma non devono essere in condizione di agire “tra chi e quando uno” non è nè nano né puttannello né guerrafondaio.


- Appunti per lo studio della “Società delle decisioni” : note attorno alla “libertà di decisione”.


Premesse
La società delle decisioni :soggetti, flussi delle decisioni, modelli di decisione , mappe decisionali,risorse e interazioni
La libertà di decisione non è né può essere eguale. La libertà è relativamente arbitraria.
La società dopo “ il fondamento” : competenze decisionali (modelli decisionali), preferenze,risorse,interazioni
Verso il Pluralismo deciso e strutturato : le nuove community
Le regole principali della società delle decisioni plurale
Il metodo della società delle decisioni : La valutazione di impatto decisionale

Premesse

Di questi tempi,quando si inizia a riflettere sul mondo, ma ancor più su nuovi potenziali concetti per guardarlo meglio (necessari o opzionati) sembra che sia proprio vero che il mondo stia andando verso un nuovo inizio. Questa presunzione – percezione che capita non solo oggi è molto spesso una pura illusione. Questo avviene perché il mondo non sta ad aspettare la scintilla di un pensiero per ricomporsi (in un dato momento) ma anche perché le idee non sempre hanno una adeguata massa critica tale da diventare socializzabili,utili e contribuire a formare reali nuovi modelli di visione e decisione. Le tensioni internazionali in atto, legate alla capacità di spaziare nel modo da parte di intere comunità “proponendo” i propri punti di vista e la potenza “energetica - distruttiva - costruttiva” disponibile e diffusa in proporzioni tali che anche piccole iniziative potrebbero pregiudicare la struttura del mondo intero fanno sospettare che conviene mettere mano al tema di un nuovo modello di decisione. Un modello di decisione da mettere a disposizione delle nostre comunità in fretta per rendere il governo della situazione fattibile e conveniente. A questo, spero ci stiano lavorando in molti e che si possa arrivare a qualche innovazione significativa in tempi stretti. Da parte mia lo studio (ovvero la ricerca di concetti innovativi da utilizzare e proporre per leggere la realtà) della nostra società mi intriga da sempre e da diversi anni mi ha spinto a crearmi un concetto-slogan quale strumento di sintesi di questo mio insieme di riflessioni. L’idea di sintesi che meglio esprime la tipologia di società in cui viviamo e che meglio si addiceva al mio pensiero è quella di “Società delle Decisioni”. Una idea che racchiude più di un concetto e nel mentre identifica il punto attorno a cui fare sintesi propone una nuova generazione di concetti e di pratiche. Dopo la fortunata idea di società capitalistica che ha tenuto e tiene banco da qualche secolo, e dopo le tante idee di interpretazione delle evoluzioni sociali e istituzionali che si sono susseguite ed elaborate nell’ultimo secolo (società dello spettacolo, società postmoderna, società dell’informazione..) mi è sembrato forte, utile e preferibile concentrami ed esplodere il concetto di “società delle decisioni”. Una indicazione che appena proposta rischia ovviamente di essere molto generica e quindi necessiterà di forti articolazioni, motivazioni e approfondimenti di merito per renderla significativa e utile come modello espressivo ed interpretativo della realtà odierna e come strumento di costruzione del futuro socioistituzionale. Ovvero per agire nella nostra società. La sollecitazione a sviluppare queste note mi è stata procurata da un amico che pascola nei concetti di “libertà uguali” alla ricerca di possibili appoggi e mete su cui orientare l’agire politico. La “libertà uguale” – come poi avremo modo di dire anche attraverso una brevissima analisi del dibattito storico sui concetti di libertà nel tempo - è esattamente un’altra cosa dalla “libertà di decisione” collegata al concetto di “società delle decisioni” di cui qui voglio illustrare alcuni tratti al fine di testare il concetto e provare a socializzarlo.



La società delle decisioni : soggetti, flussi delle decisioni, modelli di decisione , mappe decisionali,risorse e interazioni

Marx inizia lo studio della società capitalistica guardandola attraverso la metafora della “merce”. Il mondo capitalistico è un sistema di produzione di “merci”. La metafora ha avuto una potenza esplicativa forte. Forse eccessiva e talmente ideologizzata da nascondere un approccio – pur presente anche in Marx - meno meccanicistico all’analisi sociale. La sociologia ha poi provato a “curare” e diluire questo meccanicismo ma oggi, anche lei, sembra poco efficace come strumento per operare e supportare una grande azione di rinnovamento culturale.
Se guardiamo bene,il mondo attuale si presenta come una gran massa di decisioni e di processi decisionali in corso, che si attraversano,sovrappongono,competono tra di loro. Non tutti i processi decisionali hanno lo stesso peso, la stessa direzione, gli stessi agenti, la stessa coerenza. La società delle decisioni si presenta decisamente e immediatamente plurale. Volendo estremizzare – e semplificando in modo non facilmente accettabile - la creazione di significato stessa è sempre “unica” e i significati diventano faticosamente socializzabili e socializzati. Il soggetto assegna e percepisce “significati” unici,originali che solo attraverso processi di costruzione di “sensi comuni” (faticosi) vengono poi socializzati. Anche le idee storicamente consolidate faticano ad essere trasmesse, e comunque devono e sono interpretate univocamente dai soggetti stessi. Questo avviene per la specificità ed unicità dei soggetti ma anche perché le idee disponibili spesso cozzano con la capacità di immaginare del soggetto e con le mutazioni che l’ambiente stesso pone ai concetti disponibili.
Come studiare allora questa “società delle decisioni”? Il compito è immenso e volendosi cimentare si potrebbe anche essere tacciati di mancanza di modestia intellettuale. Conscio di questo continuo queste note.
I punti centrali della costruzione di una visione adeguata alla “società delle decisioni” passano attraverso una rivisitazione di concetti di fondo storicamente sedimentati e la proposizione di nuovi concetti. I principali concetti che propongo di rivisitare e reinterpretare sono :
L’idea di soggetto
L’idea di decisione
Il modello di decisione
Le mappe decisionali
Il ciclo decisionale

L’idea di soggetto

Le idee di soggetto disponibili sono abbastanza numerose e certamente diverse. Le idee di “soggetto” sono state elaborate dalle diverse comunità, in periodi storici diversi e da immaginazioni anche diverse. Il soggetto “transitorio/in transizione tra forme diverse della natura” proposto nella cultura indiana è diverso da quello tutto giapponese della dichiarazione forte della semplice esistenza umana o da quello occidentale di figlio di dio o di prodotto dell’evoluzione storica (nelle sue diverse versioni).Un lavoro di analisi di questi concetti diversi di soggetto è auspicabile e in parte disponibile in alcuni studi specialistici. Un lavoro che comunque qui proponiamo di riprendere a chi ne fosse interessato perché potrebbe dare qualche aiuto alla rigenerazione del concetto stesso in modo nuovo. Per il nostro discorso userò delle semplificazioni forti. Il soggetto è una composizione relativamente instabile e strutturalmente transitoria. Composizione del soggetto. Ogni soggetto – per essere pensato ed agito come tale- deve avere almeno tre elementi costituenti : una composizione (consistenza fisica o strutturazione che sia), una capacità di elaborare (ed assegnare significati) e una capacità relazionale. In questo senso sono – tra l’altro- soggetti : gli esseri umani, le organizzazioni e le istituzioni. Un soggetto quindi si definisce ed esiste se è in grado di avere una sua struttura, una capacità elaborativa e una competenza relazionale. Questi elementi possono essere variamente “raffinati” o consistenti. Il soggetto è continuamente mutante non solo perché si modificano le sue componenti costituente (biologiche o biofisiche o istitutive) ma anche perché cambia i modelli di pensiero/ decisione e le forme relazionali che intrattiene.

L’idea di decisione

Che cosa significa decidere? Decidere : ovvero staccare, separare una parte – una direzione da un’altra. Decidere : preferire un possibile sviluppo,una opzione. Decidere : è un concetto di difficile definizione,semplificazione. Qualsiasi attribuzione di significato al concetto di “decidere” risulterebbe difficilmente univoco. In prima approssimazione e strumentalmente al nostro proposito definiamo decisione ogni intenzione o azione con conseguenze potenziali, siano esse concettuali o reali. La decisione non è semplicemente una preferenza espressa tra due o più alternative concrete. La decisione è anche parte del processo di creazione di significato. La decisione inizia subito - nel momento in cui il soggetto opera una qualche attività, una qualche forma espressiva o una qualche assegnazione e interpretazione di significato. Decidere è affermare l’esistenza, è l’affermazione dell’esistenza. Ogni soggetto è un decisore o non è.
*** La decisione non è però solo separazione,scelta è anche “occupazione” dello spazio-tempo.
La decisione ha come conseguenza la “proiezione” delle forme del decisore nel mondo,nell’ambiente che lo circonda. Non c’è esistenza del soggetto senza composizione,elaborazione e relazione. Proprio su quest’ultima – la relazione- si estrinseca il processo decisionale che ha come conseguenza l’occupazione di spazio-tempo.

Il modello di decisione

Un modello di decisione è uno schema che tiene assieme significati e preferenze. Ogni modello di decisione è da ogni soggetto elaborato , interpretato e utilizzato nella sue espressioni e nella sua esistenza. Se vogliamo fare dei macro esempi (riferimenti) su cosa intendiamo con “modello decisionale” possiamo ricordare a) lo studio e la forma dei modelli culturali (vedi quelli tanto studiati dagli esperti di “cultural studies”); b) le conoscenze scientifiche strutturate in teorie; c) le strutturazioni dei processi decisionali schematizzati (software..) d) i sistemi proiettivi a una o più variabili…
I modelli decisionali sono interpretati dai singoli soggetti, dalle comunità “omogenee”. I modelli decisionali sono diversi tra di loro. I modelli decisionali possono essere complementari e non solo obbligatoriamente alternativi tra di loro. I modelli decisionali sono più o meno complessi, sofisticati ed efficaci. Ogni soggetto sedimenta dei modelli di decisione che impiega più o meno consciamente, meccanicamente. I modelli di decisione servono a prendere decisioni : dalle più semplici alle più complesse e strategiche.

Le mappe decisionali

Quando un tema ,una interazione o una decisone si fa articolata e complessa il soggetto costruisce delle mappe decisionali per procedere nel processo decisionale. Le mappe decisionali hanno forma di segmenti plurali che si dispongono attorno alla questione che si sta affrontando e che richiede una presa di decisione. La mappa decisionale è “costruita” con la dotazione disponibile al soggetto. La mappa decisionale è “sovrapponibile” a quello che tradizionalmente abbiamo chiamato culture : le culture infatti creano dei segnaposti , assegnano valori direzionali che supportano il soggetto (con più o meno consapevolezza) nei processi decisionali ma non si esauriscono in questo. Le mappe decisionali (sempre rinnovate) si costruiscono tenendo conto a- dei modelli decisionali disponibili e delle preferenze di utilizzo espresse dal soggetto b- dei soggetti che partecipano o vorrebbero partecipare al ciclo delle decisioni; c- delle disposizioni delle risorse che entrano in gioco nel ciclo decisionale e di tanti altri fattori variabili che ogni soggetto predispone nell’affrontare i cicli decisionali. Le mappe decisionali assieme e come i modelli decisionali hanno delle conseguenze sui comportamenti del soggetto e sulle interazioni che questo ha nel ciclo decisionale.


Il ciclo decisionale

Il ciclo decisionale è una semplificazione concettuale dei processi che avvengono nella società delle decisioni. Il ciclo decisionale è da sezionare se lo si vuole conoscere e se lo si vuole agire; specie se lo si vuole governare attraverso regole preferite ed efficaci.



Le domande principali che dobbiamo e possiamo porci attorno al ciclo delle decisioni sono :
Quali sono le sequenze del processo decisionale?
Chi partecipa al ciclo decisionale?
Quali modelli decisionali partecipano al ciclo decisionale e come lo influenzano?
Come le mappe decisionali influenzano l’evoluzione dei processi decisionali?
Le risorse influenzano i processi decisionali?
Quali sono le conseguenze dei processi decisionali?

Quali sono le sequenze del processo decisionale?

Semplificando , le fasi del ciclo decisionale sono cosi rappresentabili:
la costruzione e la definizione dell’ordine del giorno / del tema su cui decidere: questa fase è molto critica perché genera una prioritarizzazione di alcuni temi su altri (il tema è stato studiato in comunicazione con un certa efficacia) ma anche definisce chi partecipa alla discussione (a prescindere anche da singole ed esplicite volontà)

le interazioni tra i soggetti del processo decisionale : in questa fase – che non ha una durata standardizzabile – i partecipanti a vario titolo del processo si confrontano e si relazionano

la conclusione del processo decisionale : in questa fase i soggetti e le risorse si dispongono in base agli esiti dei processi decisionali. I soggetti a loro volta si distanzieranno più o meno dalle decisioni assunte nel processo decisionale.

Nota : Il ciclo decisionale nel soggetto.
Il ciclo decisionale cosi come è stato tratteggiato nei paragrafi precedenti può essere – seguendo una simile struttura rappresentativa – impiegato anche da un singolo soggetto nel suo processo pre-interazioni.


Chi partecipa al ciclo decisionale?

La partecipazione al ciclo decisionale non è predefinibile o chiarito una volta per tutte. Ogni ciclo decisionale riguarda qualcuno, qualche cosa e si sviluppa in uno spaziotempo.La partecipazione dipende da diversi fattori che di volta in volta mutano o possono cambiare. La partecipazione può dipendere dalla volontà di perseguire un tema, un obiettivo da parte del o dei partecipanti, può dipendere da una condizione di contingenza (essere su un “territorio” dove il ciclo decisionale è proposto) che un soggetto si trova a “subire”. Certamente durante il ciclo decisionale la partecipazione può variare : ci possono essere abbandoni o inserimenti. La partecipazione dei soggetti in un ciclo decisionale dipende molto da variabili quali il tema, le contingenze, le risorse disponibili o intenzionalmente allocate, dai modelli di decisioni disponibili sul tragitto del ciclo e dalla conduzione delle interazioni.

Quali modelli decisionali partecipano al ciclo decisionale e come lo influenzano?

Non c’è un modello decisionale specifico che si collega ad uno specifico ciclo decisionale in modo “meccanicistico”. Certamente ci sono ricorrenze tra determinati ciclo decisionali e modelli decisionali adottati. Pensiamo ai cicli decisionali democratici e al modello decisionale ad esso collegato. Pensiamo al ciclo decisionale di una comunità patriarcale e al modello decisionale più o meno condiviso ma disponibile ai soggetti che vi partecipano. Pensiamo al ciclo decisionale delle chiese o delle comunità tematiche ed ai collegati modelli di decisione. Certamente però c’è anche un altro tema ,forse più importante: come si confrontano i modelli decisionali nei cicli decisionali ? Qui ci interessa dire che in ogni ciclo decisionale possono partecipare soggetti che sono dotati o che impiegano modelli decisionali diversi. Le diversità possono essere più o meno grandi ma certamente sono presenti. Il confronto tra modelli decisionali avviene attraverso l’interazione. Una interazione che terrà conto della conformazione del modello decisionale o dei modelli decisionali in dotazione o semplicemente scelti dai soggetti partecipanti e quindi della loro forza e delle risorse che ogni soggetto apporta a sostegno delle proprie preferenze al fine di influenzare il processo stesso.


Come le mappe decisionali influenzano l’evoluzione dei processi decisionali?

Le mappe decisionali che ogni soggetto costruisce o può costruire influenza i comportamenti del singolo partecipante ma anche del gruppo di partecipanti al processo di decisione.
Le mappe decisionali creano – integrando le preferenze espresse dai modelli decisionali- delle opzioni (si/no) che consentono alle decisioni di tener conto non solo degli elementi cognitivi ma anche dell’ambiente e delle disposizioni delle risorse nell’ambiente del processo decisionale. E’ intuitivo che una preferenza individuale ma ritenuta inefficace o minoritaria in un dato ambiente può portare il partecipante a decidere di abbandonare la comunità coinvolta nello specifico processo decisionale oppure può portalo ad investire in una missione in cui le risorse potrebbero essere “giocate e perse” senza benefici di ritorno. Le mappe di decisione suggeriscono , limitano o sollecitano la costituzione di gruppi più o meno omogenei e più o meno distanti.


Le risorse influenzano i processi decisionali?

In un ciclo decisionale – oltre alla potenza del modello decisionale che di per sé è una risorsa (diversa) disponibile ai soggetti stessi- le interazioni avvengono anche attraverso l’impiego di risorse che ne possono influenzare le forme e gli esiti. Le risorse possono essere di carattere diverso e di diversa consistenza. Sono risorse le competenze, le monete, i diritti in genere che possono essere impiegati dai partecipanti al fine di sostenere l’affermazione delle proprie preferenze. Le risorse sono spesso diverse nelle disponibilità dei soggetti, diversamente allocate da un singolo soggetto su più cicli decisionali a cui lui può partecipare o è chiamato a partecipare. Sta di fatto che la disposizione delle risorse dei soggetti nel ciclo decisionale ha potenziali ripercussioni importanti al fine di influenzare l’esito del confronto e delle deliberazioni. Pensiamo solo all’importanza che si ricaverebbe dal presidiare attraverso l’impiego delle risorse in dotazione agli uni e non ad altri i canali di comunicazione da e tra i soggetti partecipanti al ciclo decisionale al fine di far conoscere e valorizzare la proposta di un determinato “modello decisionale” o proposta di preferenze,pratiche.


Quali sono le conseguenze dei processi decisionali?


Il ciclo decisionale conclude il suo tragitto (anche in forme provvisorie) con una qualche forma di deliberazione. La deliberazione può essere più o meno formale. Spesso è informale. La deliberazione di un processo decisionale ha certamente delle conseguenze. Le conseguenze si evidenzieranno sia sui comportamenti dei soggetti partecipanti che sui territori o sulle regole che le deliberazioni producono e su cui estendono la loro influenza. La forma della deliberazione lascerà più o meno spazio di libertà ai soggetti stessi, al territorio e alle regole di controllo sulla conseguenza delle deliberazioni. Le conseguenze potranno essere accettate o rifiutate in tutte le scale di gradazione da parte dei soggetti ma in modo solo relativamente arbitrario. Ovvero : ognuno potrà accettare o rifiutare le deliberazioni in base alle proprie decisioni relativamente arbitrarie. Queste decisioni relativamente arbitrarie dovranno però fare i conti con la contingenza delle risorse disponibili per praticare con questo arbitrio lo spazio in cui le decisioni hanno conseguenze.


La libertà di decisione non è né può essere eguale. La libertà è meglio considerarla come la possibilità di esprimere preferenze in modo relativamente arbitrario.

Il dibattito sulle libertà è storico, ampio e diversificato. Non è qui la sede per una sua ricostruzione critica, anche se sarebbe di un certo interesse metodologico,storico e strumentale al discorso. Qui svolgeremo solo qualche considerazione al fine di meglio chiarire il nostro punto di vista. La libertà è stata spesso pensata e perseguita come una liberazione … da qualche cosa che costringeva a comportamenti o ad azioni. Ma è stata pensata e perseguita anche come un …. obiettivo da raggiungere : libertà di comportamento, di parola, per essere più eguali,per essere liberi di sognare .. Nel dibattito di una certa sinistra - in difficoltà dopo il necessario abbandono del concetto di eguaglianza (intesa come egualitarismo) come pilastro della propria azione decisionale – ha fatto capolino una idea di misurabilità delle libertà e da qui si sta provando a lavorare sul concetto di “libertà uguale” (o diversa) come bussola per l’azione politica. Potrebbe essere niente più che un tentativo, ed anche nelle migliori intenzioni è destinato a naufragare come tutte le semplificazioni idealistiche. La libertà eguale diventa infatti una meta, un’ideologia con cui misurare avvenimenti e preferenze. Cosi le preferenze vanno avanti per conto loro con le disuguaglianze esistenti e con modelli decisionali anche meno efficaci ed efficienti di quelli realmente e potenzialmente disponibili. Ovviamente ci dovremo tenere anche questa opzione ma non possiamo che considerarla una delle tante concezioni relativamente arbitrarie del concetto di libertà. Il concetto di libertà è certamente un elemento importante in tutti i modelli di decisione , in tutte le culture. Nella società delle decisioni il concetto di libertà va collegato alle decisioni stesse nel loro generarsi,evolvere,confrontarsi e deliberare. Ovvero la libertà è collegata alle preferenze ma anche al modello decisionale che genera e sostiene queste preferenze. Va anche detto che le identità individuali e-o comunitarie si costruiscono raramente attorno ad un solo parametro. Un elemento (parametro, preferenza, conoscenza ..) può certamente essere preponderante in un modello di decisione ma è sempre una mappa di convergenti preferenze e consistenze conoscitive o valoriali che costituiscono la mappa decisionale che porta poi a produrre decisioni e accompagna le conseguenze che da queste derivano. La libertà di decisione non può essere ridotta o ricondotta a un discorso semplicemente sulla libertà (intesa come valore normativo ..da .. o per..) quanto all’esito e allo stato di un movimento dinamico di fattori che di volta in volta costituiscono il propulsore , lo spazio del confronto e le conseguenze del processo decisionale (dei processi decisionali). La libertà di decisione è un nuovo modo per misurare la potenza o l’impotenza di individui e comunità. Ma questo può avvenire individuando e dando un valore alle mappe di decisione nella loro interezza ed articolazione.
Teniamo poi presente che individui e comunità possono avere espressioni diverse e successioni di preferenze anche “parallele” (partecipo di un’esperienza x con un y di risorse mentre all’esperienza x1 con y1 risorse..) e certamente discontinue : ovvero i cicli decisionali e le comunità possono essere frequentate anche in sequenze ravvicinate e discontinue con modelli di decisione diversi. Questo consente e richiede l’impiego di modelli decisionali che possono fare la differenza nei processi decisionali stessi e negli esiti di questi. Immaginiamo la potenza di un modello decisionale basato su una conoscenza limitata e un altro modello basato su una conoscenza più articolata e profonda. Questi modelli hanno conseguenze diverse sia sul ciclo decisionale che sulle libertà reali e / o percepite dei portatori –utilizzatori dei modelli decisionali specifici. Inoltre, conviene considerare che lo spazio di libertà può anche essere il risultato della somma di due modelli complementari di decisione che consentono (possono consentire) una maggiore capacità di visione, una migliore soluzione di un problema... Certamente oltre al modello decisionale ci sono anche altri elementi che influenzano lo spazio di libertà dei soggetti. Influenzano certamente l’arbitrarietà delle decisioni il contesto ambientale in cui si opera e le risorse a disposizione o quelle che si intendono impiegare in un dato ciclo decisionale. Importa anche la struttura stessa del soggetto ,ovvero la sua composizione. Lo studio di questi parametri articolati (di volta in volta costruiti sulle situazioni reali) potrà anche essere complesso e provvisorio ma ci darà elementi probanti di maggior interesse delle semplici evocazioni di principio sulle libertà. Concludendo possiamo dire : il concetto di libertà non è affatto da sacrificare. Sono però da sacrificare alcune visioni della libertà che non rendono efficace l’utilizzo del concetto stesso. Una idea di libertà intesa come preferenza relativamente arbitraria – di volta in volta diversa per scelta o necessità - ci sembra il modo migliore di riutilizzare questo concetto. Lavorare sui parametri che definiscono l’ampiezza della libertà stessa è questione successiva, di approfondimento e certamente utile.


La società dopo “il fondamento” creazionista e evoluzionista : modelli e competenze decisionali, preferenze, risorse, interazioni

Non posiamo rifiutare il terreno della “giustificazione” della scelta, della decisione. La domanda è classica : su cosa “fondiamo” le nostre scelte? Diciamolo in modo affermativo : Le scelte nella società delle decisioni sono “fondate” sull’arbitrio relativo del soggetto. Un arbitrio relativo che è “definito” dal modello decisionale che impieghiamo di volta in volta, dal tema che affrontiamo, dalle risorse di cui disponiamo nel ciclo decisionale, dalle risorse che dispongono ed impiegano gli altri e dall’andamento delle interazione tra noi e gli altri. L’abbiamo detto “in un solo fiato”! Ora però dobbiamo fare qualche digressione per provare a spiegarci meglio. Il fondamento ai tempi del politeismo era ricercato nella potenza del fenomeno che diventava dio,gli dei. Poi si è passati alla concezione di una potenza superiore che “crea il tutto” e che ne diventa il fondamento unico da cui tutto discende. Non regge troppo anche perché il tutto è decisamente troppo umano come costruzione. Quindi siamo arrivati alla dinamicità della scienza e del suo metodo della reiterazione dell’esperimento fisico con conseguente definizione della regola, della legge scientifica che fonda la conoscenza e - alla lunga - la preferenza. I due grandi modelli fondamentali (che provano a fondare il seguito dei discorsi..) : ovvero “il creazionismo” e “l’evoluzionismo” costituiscono due modelli decisionali che hanno avuto e hanno grandi conseguenze sociali,politiche e per gli individui. La società delle decisioni li contiene ma non si riduce a loro. Al “creazionismo” manca la fisica, si è usi dire. All’”evoluzionismo” manca principalmente la capacità di incorporare l’arbitrarietà creativa, potremmo dire. Gould ha provato a spingersi oltre il meccanicismo evoluzionista con una visione “puntuata” dello stesso. Ottimo ed apprezzabile sforzo. Ma è ancora troppo fisico e combinatorio questo evoluzionismo debole. Gli manca la complicazione dell’individualismo nella creazione e nello sviluppo delle forme esistenti. Certo, gli individualismi (espressivi) si susseguono e spesso scompaiono senza seguito. Ma possono anche lasciare traccia. Anzi al singolo, al soggetto forse interessa principalmente la traccia che lascia e questa dipende , ma anche costituisce .. la sua capacità e potenza creativa. Oggi possiamo pensare il fondamento solo in relazione ai processi decisionali e ai suoi componenti che di volta in volta variano. Ovvero, anche il fondamento diventa locale, provvisorio e collegato al processo decisionale. E questo avviene a prescindere dai diversi modelli di decisione che partecipano al confronto espressivo. E, questo fondamento, prescinde anche dall’impiego di modelli decisionali “fondamentalisti” perché li comprende nel pluralismo e nella dinamica stessa dei processi e dei cicli decisionali che si svolgono posizionandoli per la potenza che esprimono e “limitandoli” a quella.

Verso il pluralismo deciso e strutturato : le nuove community

Nella società delle decisioni si pongono alcuni grandi problemi : il luogo del confronto globale, il luogo delle preferenze comunitarie e le condizioni del soggetto. Nessuno di questi è oggi adeguatamente strutturato in modo soddisfacente da parte delle istituzioni e delle comunità che conosciamo. La strada però ci sembra tracciata. Le comunità si costituiranno sempre più in modo omogeneo attorno a delle preferenze. Gli individui parteciperanno alle comunità in modo tendenzialmente plurale. E uno spazio di confronto dovrà essere creato per governare tutte le dinamiche e le preferenze. Non tutte le comunità dovranno disporre di spazi fisici oltre che di preferenze. Non tutte le comunità avranno un formalizzazione istituzionalizzata delle regole da rispettare. Ma la possibilità per tutti sarà quella di agire sulla base di aggregazioni decisionali in comunità pluriformi che potranno darsi regole,spazio fisico e modelli di preferenze.
Di fatto alcuni esempi di comunità tematiche esemplificano parte del nostro discorso. In america circa il 30% della popolazione già vive in comunità fortemente caratterizzate o tematiche. Le comunità gay, le comunità degli anziani, le comunità religiose e via. Ma anche altre comunità già sono strutturate con loro regole formali o non. La società mondiale è una grande massa di comunità tematiche dinamiche, a ben guardare. Tutte queste comunità minano alcune regole della stato classico ormai affermato in occidente e pongono nuovi problemi. Ne proponiamo alcuni. Le comunità sono spesso regolate sulla base di un regolamento che può essere modificato non dai partecipanti alla comunità stessa ma dal proprietario immobiliare della comunità (esperienze americane) . Problema : chi deve decidere lo statuto di una comunità? Preferenze e realtà? Molte di queste comunità non vogliono più pagare le tasse (o parti di queste) allo stato federale in quanto si ritengono autosufficienti. Problema : quale tassazione e quale responsabilità su quel territorio? Infine qual è il ruolo del soggetto dentro e fuori delle comunità? A quante comunità un soggetto può appartenere? Come si regola la comunità verso un soggetto quando è nella comunità e quando è fuori? Chi giudica chi e su quali basi? Per la letteratura legale moderna sono temi in parte nuovi e in parte sconosciuti. Si tratta di ripensare le forme dei diritti nella società delle decisioni. Si tratterà di valutare cosa può ancora essere ritenuto “universale” e come questo vada organizzato. Il percorso di costruzione di questa nuova visione istituzionale e legale non è semplice perché certamente incrocia e si scontra con i modelli di pensiero più radicati,sedimentati e a volte diffusi oltre che con le istituzioni esistenti.


Le regole principali della “società delle decisioni”

La società delle decisioni ha bisogno di nuove regole. Quali saranno? Noi ne proponiamo alcune alla luce dell’idea di soggetto che abbiamo sopra proposto e a fronte della “analisi di grosso” esposta sui processi decisionali che costituiscono e trasformano la società delle decisioni. Diritto all’attraversamento. Pluralismo strutturato. Responsabilità pertinente. Supervisione glocale.

Diritto all’attraversamento.

Al soggetto dovrebbe essere garantito il diritto all’attraversamento. Ovvero : l’individuo dovrebbe apprendere più “modelli di decisione” al fine di operare una scelta o un impiego degli stessi. Al soggetto deve essere consentito di uscire ed entrare in più di una comunità e di comportarsi in coerenza con le situazioni specifiche. Al soggetto deve essere garantito uno spazio di confronto generico o “universale”. Un soggetto – come la sua “personalità” – potrà anche distribuirsi tra diverse preferenze.

Pluralismo strutturato.

Le comunità – rispettando il diritto di attraversamento – potranno strutturarsi in modo conforme alle proprie preferenze. Ovviamente ogni preferenza deve consentire statutariamente altre preferenze : ovvero il pluralismo strutturato. Ogni comunità avrà sue regole specifiche per regolare la convivenza tra comunitari.

Responsabilità pertinente.

La legislazione e la regolamentazione delle comunità potrà articolarsi sulla base delle proposte specifiche di ognuna. A chi fa parte della comunità si applicheranno le regole specifiche (quando è presente) e altrettanto avverrà a chi si trova nella comunità anche occasionalmente. Le responsabilità dei soggetti dovranno essere conformi agli ordinamenti locali delle comunità, ovviamente pre-conoscibili.

Supervisione glocale.

La regolazione delle interazioni e la gestione dello spazio di attraversamento dovrà essere “presidiato” da un “governo” specifico a cui verranno affidati solo compiti limitati a quelli di : regolare lo spazio comune, regolare le verifiche degli attraversamenti, verificare l’azione delle singole comunità in funzione delle interazioni tra comunità.


- Il metodo della società delle decisioni : La valutazione di impatto decisionale

La ricerca scientifica ha il suo metodo e dà grandi frutti in termini di produzione di conoscenze e di potenze messe a disposizione dell’umanità. Ma il metodo scientifico funziona e parla principalmente di regole e conseguenze fisiche (meccaniche o quantistiche) . Non è – forse- in grado di parlare di reali preferenze. I candidati al discorso sulle preferenze sono state le ideologie, quella religiosa compresa. Si tratta di dotarsi di un metodo di azione diverso e capace di reggere nella società delle decisioni. Una volta assunto il pluralismo strutturato delle diverse preferenze serve anche porre un limite a queste preferenze potenzialmente conflittuali, o meglio serve trovare il modo di governare l’estensione dell’esistenza, delle esistenze. Il metodo – che suggerisco - sia in positivo che in termini restrittivi è quello della valutazione dell’impatto decisionale. La valutazione di impatto decisionale deve analizzare e portare il confronto sul tema della compatibilità costitutiva della società delle decisioni, ma anche della loro estensione, proiezione. Le nuove regole costitutive della società delle decisioni dovranno fissare – definire – governare – presidiare i confini entro i quali l’azione della realtà sociale e materiali si svolge. Anche la valutazione di impatto decisionale dovrà essere “prodotta” attraverso la predisposizione e lo svolgimento di un ciclo decisionale. Sarà molto ampio e complesso ma è anche quello che serve (forse).



(Nota : contenuto elaborato tra il 1990 e il 1994)