giovedì 7 febbraio 2008

- tra scilla e cariddi (da una centralità positiva ma stanca/ da un riferimento pratico e uno mitologico)


ieri sera ho brindato a champagne
domani entrerò in un mondo di altri piacevoli interazioni
stasera (nel frattempo) sono maledettamente scarico


- dall'Odissea, libro XII, trad. di Rosa Calzecchi Onesti


Là dentro Scilla vive, orrendamente latrando:

la voce è come quella di cagna neonata,

ma essa è mostro pauroso,

nessuno potrebbe aver gioia a vederla, nemmeno un dio, se l'incontra.

I piedi son dodici, tutti invisibili:e sei colli ha, lunghissimi:

e su ciascuno una testa da fare spavento;

in bocca su tre file i denti, fitti e serrati, pieni di nera morte.

Per metà nella grotta profonda è nascosta,

ma spinge le teste fuori dal baratro orribile,

e lì pesca, e lo scoglio intorno intorno

frugando delfini e cani di mare e a volte anche mostri più grandi afferra,

di quelli che a mille nutre l'urlante Anfitrìte.


...


L'altro scoglio, più basso tu lo vedrai, Odisseo,

vicini uno all'altro, dall'uno potresti colpir l'altro di freccia.

Su questo c'è un fico grande, ricco di foglie:

e sotto Cariddi gloriosa l'acqua livida assorbe.

Tre volte al giorno la vomita e tre la riassorbe paurosamente.

Ah che tu non sia là quando assorbe!





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